Amiche e amici immaginari affamati di approfondimenti, eccoci qui per una nuova puntata della Cassetta degli attrezzi!
Oggi vi vorrei segnalare una pubblicazione recente, pubblicata da Editrice Bibliografica: parliamo di Primi libri per leggere il mondo. Pedagogia e letteratura per una comunità educante di Francesca Romana Grasso. Pedagogista, studiosa di letteratura per l’infanzia e di cultura dell’infanzia, Grasso ha ideato e cura il progetto Edufrog (che vi consiglio di scoprire se non lo conoscete già), è formatrice e consulente, oltre che organizzatrice di eventi culturali legati ai campi della pedagogia, della letteratura e delle arti visive. Quando ho letto che sarebbe uscito questo libro, che è una raccolta variegata di articoli e riflessioni unite dal fil rouge della relazione, appunto, tra pedagogia e letteratura con un focus sui lettori piccolissimi, non ho potuto resistere.
Naturalmente non ve lo racconterò tutto per evitare eccessivi spoiler, ma vi riporto qui 5 motivi per i quali lo ritengo uno strumento utile o anche, se volete, 5 cose che troverete dentro questo testo che, come sottolineato nella prefazione di Monica Guerra, è strutturato come una matrioska e contiene in sè varie dimensioni.
Perchè leggere – e scusate la ripetizione – Primi libri per leggere il mondo?
Uno
Prima di tutto, perchè è – tra le altre cose – un contenitore molto ricco di suggerimenti e suggestioni di lettura ragionati e di alta qualità: dai libri in bianco e nero per i neonati al mondo degli albi illustrati, passando per i libri-gioco e i libri-giocattolo, i libri fotografici ed altro ancora. Molto interessante il carattere interattivo dei saggi: attraverso specifici simboli, nei diversi testi si rimanda agli approfondimenti, nonchè ad un’apposita gallery di contenuti visuali e video, disponibili sul sito Edufrog. Intriganti gli inserti fotografici che intervallano le varie sezioni del libro: ça va sans dire, viene voglia di prendere in mano e sfogliare tutte le proposte incluse negli scatti.
Due
Perchè contiene e dà spazio ad una riflessione sugli spazi pubblici destinati ai bambini, con una particolare attenzione – che si traduce in una visione ma anche in indicazioni pratiche – per le biblioteche, intese come spazio chiave di una comunità, come luoghi ‘in cui il senso della res publica viene ribadito laicamente con grande forza’ (p.87).
“La biblioteca è un attivatore di visioni e mondi possibili in cui, con vari gradi di incontro con l’altro, si possono riformulare le proprie narrazioni biografiche e co-costruirne di collettive: tutto ciò passa attraverso il riconoscimento di sè e delle proprie capacità all’interno di una comunità educante e pubblica, che contrasta la povertà e le discriminazioni, contagiando curiosità.” (p.87)
Amo le visioni coraggiose (nel senso che osano chiedere e chiedersi di più) e di grande respiro che riguardano i luoghi dei libri, e leggere questa sezione sicuramente è una bella boccata d’aria, di quelle che con la, pur necessaria, mascherina difficilmente possiamo prendere all’aperto in questi giorni.
Tre
Perchè l’autrice si muove all’interno di una visione di società come potenziale comunità educante, e sottolinea elementi che in questa comunità, per adesso, non funzionano. La società attuale nella quale siamo calati, sostiene Grasso, celebra strumentalmente l’infanzia, vede i bambini come ‘cittadini di domani’ guardando con superficialità ai loro bisogni ed al loro essere qui e ora. Le stesse funzioni di cura ed educative appaiono troppo spesso come incardinate in un sistema ‘a misura di adulto, maschio, autosufficiente, un modello organizzativo che collassa facilmente di fronte a un imprevisto quale l’indisponibilità momentanea di chi accudisce’ (pag. 24). Una discussione ‘calda’ ed interessante, che tocca anche alcuni dei nervi scoperti del periodo che stiamo vivendo, quello della pandemia e del peso che questa situazione ha avuto e sta avendo sulle dinamiche di molte famiglie. Importante il concetto, sullo sfondo di questa riflessione, per cui una comunità educante sana dovrebbe prendersi cura della relazione adulto-bambino, a partire dal benessere della donna incinta, dal rispetto dei suoi tempi, per poi aprirsi al benessere della coppia mamma-neonato e della famiglia nel suo complesso.
Quattro
Perchè pone l’accento su alcuni preconcetti “di moda” alla base di tanta produzione culturale contemporanea rivolta all’infanzia. Siamo in un’epoca, sottolinea l’autrice, che spinge verso l’esibizione di atteggiamenti performativi. E questa tendenza si estende ed influenza anche, per molte persone, il modo in cui vengono vissute la gravidanza e la genitorialità. Oggi spesso ai libri per la prima infanzia si associa l’obiettivo di stimolare precise capacità cognitive, talvolta facendo riferimento nel marketing in modo superficiale a studi e pratiche pedagogiche complesse.
Ho amato questa frase, che vorrei idealmente incorniciare:
“I neonati sono persone, non macchinari da attivare secondo procedure standard in attesa che crescano!” (p. 39). Amen.
Prendendosi cura dell’infanzia, sostiene Grasso, non si può avere fretta. E invece, troppo spesso, tendiamo a iperstimolare i bambini, ad anticipare esperienze, spinti dall’equivoco di dover stimolare e indurre determinate tappe o sviluppare un potenziale cognitivo…che invece si sviluppa ‘da sè’ se assecondiamo i tempi e le curiosità spontanei dei piccolissimi. Nel secondo capitolo, l’autrice ripercorre alcuni dei concetti fondamentali di figure chiave nella pedagogia dal XVIII secolo in poi, da Pestalozzi a Munari, passando per Montessori, Pikler e altri.
Cinque
Perchè questa raccolta mette a fuoco un’idea di ciò che la letteratura per l’infanzia è e di ciò che non è, mettendola in relazione con l’ambito pedagogico. Un fraintendimento diffuso in chi si occupa di educazione è quello per cui i libri per bambini siano di qualità quando veicolano un messaggio pedagogico o sviluppano un certo ‘tema’ che si desidera approfondire (che può andare dai massimi sistemi alle istruzioni per usare il vasino o alle argomentazioni per indurre i bambini a rinunciare al ciuccio). La letteratura però, anche quella per l’infanzia, è qualcosa di molto più ricco e complesso di una “ricetta” per parlare di un argomento con un escamotage narrativo – esigenza, questa, da ascrivere all’adulto più che al giovane lettore.
La lettura, sostiene Grasso, è un atto trasformativo diverso per ogni lettore, può esercitare un potere maieutico e contribuire allo sviluppo di sensibilità empatica, può aprire delle finestre e delle porte. Ma non per questo (almeno, così interpreto la tesi dell’autrice) è letteratura quella che offre soluzioni predigerite, e la lettura dovrebbe essere libera da ogni elemento di coercizione.
I libri di letteratura presentano la vita e l’esperienza umana nella sua complessità, la esplorano; e nella vita reale i temi non sono divisi in scatoline ma si dipanano gli uni dagli altri, in un insieme intricato. Nessun libro si può sostituire all’esperienza, ma potrà stimolare domande, offrire sfaccettature diverse su alcuni problemi, aprire orizzonti. Per questo è importante che sugli scaffali per bambini e ragazzi ci sia un’offerta molto varia. Non posso che condividere, infine, l’auspicio che lo studio della letteratura per l’infanzia possa trovare la sua collocazone principale – come avviene altrove, non ancora in Italia – nelle facoltà di lettere e non in quelle di scienze dell’educazione. Sia per sciogliere l’equivoco secondo cui i libri per bambini vadano interpretati e valutati sempre e solo in una cornice e in una chiave pedagogica, sia per riconoscere e indagare il valore letterario di questo immenso patrimonio nato dalla creatività umana.
Grasso, F.R. (2020). Primi libri per leggere il mondo. Pedagogia e letteratura per una comunità educante. Editrice Bibliografica