“Sempre pronti”: un’interessante estate da archiviare

Non sempre le nostre esperienze reali, sia da piccoli sia da grandi, collimano con la narrazione mainstream dell’estate come una stagione magica, ricca di momenti speciali da immagazzinare e di cui avere nostalgia.

Non è il caso di Vera, piccola protagonista di Sempre pronti, graphic novel in parte autobiografica della fumettista e illustratrice Vera Brosgol, edita da Bao Publishing.

Siamo negli anni Novanta. Vera ha nove anni e vive con la madre, separata, e due fratelli più piccoli in una zona piuttosto posh dello stato di New York. Ironica e occhialuta, fatica ad inserirsi nel gruppetto di bambine perbene della sua classe, che apparentemente non sanno andare oltre la sua provenienza da una famiglia emigrata dalla Russia, dal tenore di vita più modesto di quello che considerano la norma. Snobbata dalle compagne viziate perché non gioca con la bambola all’ultimo grido e perché non partecipa ai loro stessi, blasonati campi estivi di tennis, Vera si chiede se si sentirebbe più a proprio agio con ragazzini che condividono le stesse origini della sua famiglia. Quando scopre l’esistenza di un campo di scout russi nel Connecticut, insiste con la mamma per potersi iscrivere, l’anno successivo, insieme al fratello più piccolo. Per tutto l’anno scolastico aspetta con trepidazione l’estate, fino a quando arriva il primo giorno del campo. E qui iniziano due lunghe settimane molto diverse da quelle che aveva sognato.

Per cominciare, dato che sta per compiere 10 anni, Vera viene inserita non nel gruppo dei bambini (il corrispettivo dei nostri Lupetti), e si trova, invece, ad essere la più piccola nel gruppo di età successivo, le cui dinamiche di relazione sono molto più adolescenziali che infantili: il bullismo strisciante, le prime cotte, le gelosie… Le sue compagne di tenda hanno 14 anni e la trattano male, e le cose non girano molto meglio con gli altri ragazzini, molti dei quali si frequentano da quando erano piccoli. In più, Vera si trova messa di fronte alla sua identità ibrida tra la società di origine e quella americana: anche se parla e capisce il russo, lo legge a malapena, fa fatica a seguire i testi degli inni e delle canzoni, per esempio, e le mancano molti riferimenti culturali che invece i coetanei condividono.

Il clima non troppo amichevole la porta a vedere in negativo tutti gli aspetti del campo, dai turni faticosi alla scomodità della spartana vita di campeggio. La realtà scout, poi, è fatta di rituali, momenti, regole non scritte che deve imparare a conoscere, ma nel gruppo chiuso dei ragazzi più grandi diventa quasi invisibile (tranne quando combina dei guai), è raro che qualcuno si fermi a spiegarle le cose. I suoi tentativi di captatio benevolentiae verso le ragazze più grandi hanno breve durata e per un paio di banali, maldestri imprevisti Vera si ritrova ad essere presa di mira, isolata al campo come a scuola. Se con le compagne snob si sentiva troppo russa e povera, neanche in questo ambiente si sente a suo agio.
Allo scadere delle due settimane pattuite la bambina non vede l’ora di tornare a casa, ma la aspetta una sorpresa: la mamma deve sostenere un colloquio di lavoro importante fuori città e ha dovuto prolungare l’iscrizione di Vera e del fratellino, che quindi devono fermarsi ancora al campo.

Qui ho apprezzato ciò che Brosgol non ha fatto. Un’altra storia sarebbe proseguita con una svolta miracolosa, con la protagonista che una mattina si risveglia trasformata in un animale sociale e abbraccia istantaneamente la realtà che fino a due secondi prima la metteva a disagio. Non è così, per Vera, che continua a rimanere se stessa e quindi non si trasforma in una cheerleader o una leader carismatica nottetempo. Quello che scatta in lei è un meccanismo di sopravvivenza: deve superare quelle due settimane aggiuntive, e allora inizia a dedicare il suo tempo a un obiettivo preciso. Inizialmente, da bambina abituata a primeggiare a scuola, si applica con determinazione a studiare per i test di fine campo degli scout, imparando tutto su nodi, fuochi da accendere e quant’altro. Poi si appassiona alla sfida notturna che si gioca tra scout maschi e femmine (che non ha a che vedere col gioco della bottiglia, ma con il – più noioso – furto reciproco di bandiere) e riesce a strappare una vittoria per il suo gruppo, che si prende, così, una rivincita dopo varie sconfitte.
Ma l’ingrediente magico che permette a Vera di superare le settimane finali del campo arriva per un colpo di fortuna. La nostra protagonista ritrova nel bosco il porcellino d’India smarrito da una bambina del gruppo dei Lupetti, Kira. Che è appena più piccola di lei e diventa sua amica, condividendo con la semplicità e la grazia dell’amicizia bambina il tempo che a Vera rimane da trascorrere al campo. Basta un solo amico, una sola persona speciale a far sì che la stessa realtà da grigia si tinga di tutti i colori dell’arcobaleno, o quasi; a ribaltare la prospettiva sulle cose e a rivalutare anche un’esperienza difficile nelle sue tante sfaccettature, non tutte negative.

Sempre pronti è una graphic novel gradevole e frizzante, onesta nel suo ritrarre una protagonista introversa, sensibile, che ha bisogno di tempo e spazio per fare amicizia, tenera pecora nera in un mondo nel quale prevalgono gli estroversi e il rumore.

Brosgol, V. (2018). Sempre pronti. Bao Publishing

Età consigliata: dai 9 anni

Lascia un commento