Siamo umani, siamo in movimento

March - John Lewis

Oltre che il primo (o secondo) giorno di primavera – nel quale nella mia mente le marmotte escono dalla tana e il cast intero di Bambi intona canzoncine corali – il 21 marzo da alcuni anni è anche una data speciale nella quale ricorrono svariate celebrazioni: dalla Giornata della poesia, alla Giornata del tiramisù, ad altre su tematiche sociali.  Ne ho scelte due alle quali dedicare un consiglio di lettura. Una è la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie, e su questo tema vi invito a dare un’occhiata a questo post.

L’altra è la Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, istituita nel 1966 dalle Nazioni Unite. La data è stata scelta in ricordo del massacro di Sharpeville del 1960, la giornata più sanguinosa dell’apartheid in Sudafrica.

Sarò breve, come nei post precedenti, perchè queste settimane di telelavoro a casa con la Polpetta sono, se possibile, più movimentate rispetto alla nostra routine non-in-quarantena. Ma vorrei comunque raccontarvi di alcuni libri nei quali ho potuto tuffarmi nelle ultime settimane, anche grazie a questo periodo di rallentamento della vita ‘normale’.

Il primo è un’imponente graphic novel che ho avuto la fortuna di trovare in biblioteca: si tratta della trilogia di March, scritta da John Lewis ed Andrew Aydin ed illustrata da Nate Powell, edita da Mondadori nella collana Oscar Ink.

March - John Lewis - Andrew Aydin - Nate Powell


E’ difficile commentare un’opera che definirei, forse, monumentale come questa. March è come un documentario – di stampo autobiografico – a fumetti che ritrae un periodo fondamentale della battaglia per i diritti civili dei cittadini afroamericani negli Stati Uniti. John Lewis è un leader per i diritti civili, contemporaneo di Martin Luther King e Malcolm X e attualmente membro della Camera dei rappresentanti per lo stato della Georgia. Questa raccolta traccia la storia di una parte sostanziale della sua vita, dall’infanzia in Alabama, al suo risveglio socio-politico, all’inizio del suo impegno all’interno del movimento studentesco  per i diritti civili. John diventa, giovanissimo, uno dei principali attivisti e leader del SNCC, lo Student Nonviolent Coordinating Committee,  e finisce per dedicarsi completamente all’azione politica di matrice nonviolenta, che diventa la sua principale ragione di vita.
Al centro di March – titolo interessante, che in inglese si può leggere come sostantivo, ma anche come verbo all’infinito o all’imperativo, come un’esortazione – c’è lo sforzo titanico e incessante e la dedizione di una generazione di attivisti che ha cambiato la storia.  Le tavole si giocano tutte su una varietà di sfumature e contrasti tra bianchi, neri e grigi che spesso si caricano di un respiro, un’intensità e una drammaticità assolutamente cinematografici.  Il primo libro si apre su scene a noi (quasi contemporanee): è il 20 gennaio 2009, il gelido giorno dell’insediamento di Barack Obama come Presidente degli Usa. Lewis si sta preparando per la cerimonia e riceve la visita di una donna di Atlanta con i due figli ragazzini, che desiderano incontrarlo. Il deputato mostra loro il suo studio e inizia a raccontare loro della sua infanzia. Da qui si snoda tutta la narrazione.
Gli avvenimenti a grandi linee li conosciamo già. Gli autori ci trasportano  tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, in un Sud nel quale la segregazione razziale è ancora la norma, brutalmente rinforzata e appoggiata, molto spesso, dalle autorità stesse. March è il racconto collettivo di una battaglia lunghissima. Il movimento scorre tra le pagine, nella sua fisicità. Sit-in, dimostrazioni, marce, marce, ancora marce, i Freedom Riders che attraversano il paese in autobus. Piedi che camminano lenti e inesorabili nella polvere, sotto il sole. Corpi contestati per il solo fatto di appartenere a una minoranza che viene mantenuta subalterna con la forza; per il semplice fatto di camminare, respirare, voler consumare un caffè negli spazi che i bianchi considerano propri, attraversare un ponte. Corpi che affrontano pestaggi, attacchi, esplosioni, idranti, manette, violenza a non finire che arriva dalle forze dell’ordine e da tanti cittadini comuni che oggi chiameremmo suprematisti bianchi. Corpi che reclamano, nell’immobilità e nel silenzio oppure facendosi forza con il canto, di poter occupare uno spazio collettivo, di esistere, di essere visti

Corpi che rischiano di morire durante una manifestazione nonviolenta, senza alcuna garanzia di sicurezza o protezione da parte di quello Stato nel quale vivono, lavorano, studiano, pagano le tasse. E’ un volto della Storia atroce, terribile quello che Lewis, Aydin e Powell ci restituiscono. Un lato osceno e mai davvero sopito di una nazione che ha ancora oggi dei conflitti interni da risolvere.
March ci porta dietro le quinte di questa specifica area dei movimenti per i diritti civili; ci mostra i dissidi interni, le paure, la durezza dell’impegno degli attivisti, ma anche il dialogo difficile e intricato con le istituzioni, i passi in avanti e quelli indietro, i compromessi indigesti ma necessari. E’ un libro potente che richiede fatica e che ripaga ampiamente ogni sforzo. Senza dubbio una lettura stimolante da proporre a studenti delle superiori, oltre che a tutti noi adulti di oggi,consapevoli solo fino a un certo punto delle tante dimensioni del nostro privilegio e delle battaglie che altri hanno combattuto prima di noi.

Non è un libro per ragazzi (ma può diventarlo, se finisce nelle mani di giovani lettori curiosi) La linea del colore di Igiaba Scego, edito il mese scorso da Bompiani. Ma è un romanzo che ho letto in poche sorsate nei giorni scorsi, e che si lega bene alla tematica di questa Giornata. E’ una narrazione a che si articola su due piani temporali e nella quale si alternano le vicende di due donne determinate, creative, energiche, tese ad esplorare il mondo e le loro capacità. Tutte e due si muovono in società meticce ma piene di confini e divisioni visibili e invisibili.

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La prima è Lafanu Brown, personaggio immaginario nel quale l’autrice ha convogliato i tratti di diversi personaggi realmente esistiti. Lafanu, orfana di una madre nativo-americana e di un padre caraibico, cresce negli Stati Uniti a ridosso della guerra di secessione ed ha la possibilità di studiare e di viaggiare in Europa grazie al supporto (non privo di forti elementi di ambiguità) di alcune donne bianche abolizioniste. La troviamo, ormai adulta, lavorare come pittrice in una Roma che ha scelto da molti anni come sua città adottiva e che vede trasformarsi – in peggio – davanti ai suoi occhi con l’avvento dell’insidiosa cultura colonialista. Lafanu scrive per l’uomo che ama e racconta per lui tutte le tappe che l’hanno portata fino al suo presente.
In parallelo, conosciamo Leila, anche lei cittadina di Roma, figlia della diaspora somala e curatrice d’arte. Leila scopre Lafanu Brown, ne ripercorre la traiettoria artistica e personale e vuole farla conoscere al grande pubblico, intrecciando alla storia dell’artista dilemmi e problemi contemporanei in una grande mostra a Venezia. Sono tanti i temi che si mescolano a creare la sostanza di questo libro denso e ricco di sfumature ed interrogativi.  E’ un libro che parla di arte, di relazioni, di identità multisfaccettate, di barriere e discriminazioni razziali, dei rapporti di forza che legano le classi, i generi, i gruppi sociali. Tra questi temi, spicca il nodo cruciale del viaggio, della libertà di migrare che oggi viene negata a tanta parte della popolazione umana, rimanendo privilegio di chi ha un passaporto forte e può scegliere di fare il turista, il viaggiatore, l’expat.  Scego lo esplora seguendo le tracce di Lafanu, che si vede negato per anni il diritto a spostarsi dall’Inghilterra all’Italia perchè gli Stati Uniti non le riconoscono la cittadinanza. E raccontandoci – attraverso la vicenda di Binti, giovane cugina di Leila – del dramma degli aspiranti migranti che oggi cercano di raggiungere l’Europa dall’Africa con mezzi di fortuna, rischiando, oltre alla vita, anche violenze e soprusi nel travagliato tragitto che li porta fino alle coste del Mediterraneo, prima di partire. Migranti che non necessariamente vogliono fuggire da situazioni di deprivazione e miseria, da quell’ “unica storia” che – come denuncia Chimamanda Ngozi Adichie – spesso viene raccontata riguardo ai paesi africani. Possono essere, come Binti (o come tante persone che migrano anche all’interno nel nord del mondo) semplicemente giovani affamati di vita e di opportunità di studio, di lavoro, di crescita che non trovano nel luogo dove sono nati; o magari che vogliono costruirsi una nuova vita distanziandosi da una famiglia oppressiva. Noi umani non siamo alberi. Siamo in movimento. Sono le etichette discriminatorie, i muri, le gabbie che noi stessi creiamo a trattenerci e a dividerci.

E’ il 15 aprile e ho pensato di aggiungere a questa mini-carrellata la segnalazione di una terza proposta, sempre correlata al tema della discriminazione razziale e fresca di uscita. Si tratta di Angela Davis di Mariapaola Pesce e Mel Zohar, biografia pubblicata nel mese di marzo,  attraverso il linguaggio della graphic novel, da BeccoGiallo. Da non confondere con la collana “Beccogiallo” della Mursia, nata negli anni ’80, questa è una casa editrice nata nel 2005 che si caratterizza per un forte focus su temi sociali e politici. In catalogo troviamo un filone dedicato alle biografie, al cui interno si inserisce, appunto, questo testo dedicato ad Angela Davis, l’attivista afroamericana impegnata dagli anni ’60 a favore dei diritti civili, dei diritti delle donne e dei detenuti.

Becco Giallo presenta Angela Davis

Davis è un mostro sacro per chiunque si interessi della storia di questi movimenti;  una leggenda vivente, probabilmente non facile da “fermare” su carta. Come in ogni biografia, gli autori devono compiere delle scelte, selezionare un punto di vista e una serie di frammenti, di momenti e  snodi significativi che fanno parte della vita di qualcun altro. Pesce e Zohar hanno optato per una narrazione composta di flashback, di scene non sempre collegate direttamente l’una con l’altra e non sempre in ordine cronologico per raccontare alcune delle sfaccettature di Angela Davis ed alcuni episodi della sua vita tra la fine degli anni ’60 e i primi ’70.
Conosciamo Angela studentessa e poi giovane insegnante dichiaratamente comunista, la vediamo avvicinarsi e divenire sempre più coinvolta dal movimento per i diritti civili. La seguiamo nell’evolversi del suo incontro-scontro con le Pantere Nere, nel suo aprirsi, via via, ad aspetti diversi di questa macro-causa, come la posizione delle donne all’interno dei gruppi di attivisti e le discriminazioni giudiziarie e carcerarie.  La seguiamo nel corso del suo processo (al termine del quale verrà assolta) e in carcere, sempre animata da uno spirito battagliero e mossa da uno sguardo che oggi definiremmo intersezionale. Ciò che emerge da queste pagine è sicuramente questa visione, che lega tra loro i fili di tante battaglie importanti; una visione che si fa sempre più forte durante gli anni cruciali della giovinezza di Davis narrati dalle autrici.

Questa graphic novel offre sicuramente un punto di vista interessante su un personaggio molto celebre. La scelta di narrare attraverso flashback è pienamente legittima; tuttavia, personalmente mi sarei aspettato un pochino di background, di retroterra in più per inserire Davis all’interno della grande ondata di movimenti sociali della quale è stata parte attiva. Senza scendere nel didascalismo, credo che qualche elemento in più di contestualizzazione avrebbe arricchito la narrazione, rendendola accessibile con più immediatezza anche a lettori che non abbiano ancora tanta familiarità con questi temi. I personaggi parlano spesso tramite slogan e affermazioni politiche forti, ma sono pochi i riferimenti ai problemi fronteggiati dal movimento, alle situazioni concrete contro le quali gli attivisti si mobilitano. Lo stesso personaggio di Angela – forse per scelta, perchè si è deciso di raccontarne il lato pubblico – rimane un po’ bidimensionale. I suoi contorni coincidono alla perfezione con quelli dell’attivista, mentre non ci è dato di intravedere tratti dell’Angela al di fuori della politica che avrebbero, forse, aggiunto un po’ di spessore psicologico e di calore alla sua rappresentazione.

Lewis, J.,Aydin,A., Powell, N. (2018). March. La trilogia. Mondadori.

Ngozi Adichie, C. (2020). Il pericolo di un’unica storia. Einaudi

Pesce, M., Zohar, M. (2020). Angela Davis. BeccoGiallo.

Scego, I. (2020). La linea del colore. Bompiani

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