Julián e quella difficile libertà di essere sirena

Questo albo di Jessica Love sta nel mio scaffale da diverso tempo. Lo avevo scelto per portarlo con me in un laboratorio sull’educazione alle differenze, poi non c’è stata occasione di condividerlo in quella occasione.

In queste foto lo vedete nell’edizione in spagnolo di Kokinos perchè sto iniziando ad esporre un po’ Polpetta a questa lingua, ma in italiano è disponibile con il titolo di Julián è una sirena per Franco Cosimo Panini editore.

E’ un albo che magari conoscete già e che racconta con delicatezza un momento di gioco che, come spesso succede nel gioco, porta con sé leggerezza e profondità allo stesso tempo.

Julián è un bambino dalle radici probabilmente centroamericane che vive a New York. Sta tornando dalla piscina con la nonna e sulla metro, proprio mentre sta sfogliando un libro sulle sirene, si imbatte in una visione magica: sirene, proprio lì vicino a lui!


Ed ecco che questa visione scatena in lui una vivida fantasia, illustrata con potenza in una serie di pagine senza parole: Julián si tuffa in mare, i suoi capelli si allungano, viene avvolto da un banco di pesci e si ritrova con una bellissima coda da sirena. Il suo senso di libertà e meraviglia è palpabile.

Ma la metro è arrivata alla fermata vicino a casa e bisogna scendere. Julián continua a pensare al sogno acquatico nel quale era immerso e sulla soglia di casa confida alla nonna che anche lui è una sirena. La nonna accoglie la rivelazione con nonchalance e va a farsi una doccia.

Nel frattempo al nostro protagonista viene un’idea e, staccata una tenda e qualche foglia da una pianta della nonna, si trasforma anche lui in una sirena! Quando la nonna esce dalla doccia, per qualche istante ci chiediamo quale sarà la sua reazione. La nonna fa una faccia corrucciata, non dice nulla, e si ritira in camera sua…per poi uscirne vestita, pronta per uscire, e con un regalo per il nipotino: una collana rosa per completare il travestimento.

E i due escono di casa, proprio così come sono, e per Juliàn una grande sorpresa è in arrivo, perchè proprio quel giorno non è l’unica sirena nei paraggi!

Gradevoli i vari accenni al mondo acquatico e i rimandi interni che troviamo nel corso della narrazione – come il pesce blu nella fantasia, aiutante positivo che sembra anticipare il ruolo della nonna nella realtà. Anche i risguardi diventano parte della storia: se all’inizio vediamo Julián nuotare in piscina con la nonna e le sue amiche, alla fine lo ritroviamo in acqua, e tutte le signore sono diventare, come lui, delle sirene.

Ispirata all’annuale Mermaid Parade che si svolge a Coney Island, questa storia solo apparentemente lieve si può leggere – e può emozionarci – a più livelli. Quello di Julián è un gioco, e il gioco è importantissimo. Tra le altre cose permette di elaborare la realtà circostante e di sperimentare ruoli e identità del mondo reale – come ruoli di cura o mestieri – di entrare in mondi paralleli e fantastici pur restando con i piedi sul pavimento di una cameretta.

Il gioco dei travestimenti – che sia a Carnevale, Halloween o nella vita di tutti i giorni – è tra i più amati da molti bambini e bambine, e naturalmente non è sempre predittivo di chi o che cosa si sarà da grandi (se no, per dire, io sarei dovuta diventare un puffo o un tubetto di dentifricio).
Qualche volta, non sempre, può riflettere un desiderio più profondo, che sta agli adulti intercettare.

Nel contatto con educatrici di nido e scuola dell’infanzia, ho raccolto un po’ di sensazioni riguardo a quanto sia ancora tabù e faccia paura, per tanti genitori, la situazione di un bimbo che giochi a travestirsi con indumenti e accessori considerati femminili.

Alcuni si spaventano anche se un bimbo gioca con le bambole, in un grande equivoco culturale per cui i compiti di cura sono ancora considerati “naturalmente” femminili e un maschio che gioca a tenere in braccio o nutrire un bambolotto risulta – a torto! – un’anomalia. Mentre è semplicemente un piccolo umano che replica i comportamenti di cura che vive, in quanto umano, nella sua vita quotidiana.

Oltre a questo grande equivoco c’è ancora confusione tra orientamento sessuale (da chi siamo attratti, di chi ci innamoriamo) e identità di genere (il nostro sentirci femmina, maschio o altro), per cui capita il papà che dice “Sta giocando con le bambole, sarà gay?” preoccupandosi in realtà che il figlio non si senta ‘abbastanza’ maschio.

Ma il travestimento spaventa ancora di più. Di fatto, se le bambine oggi hanno (relativamente) più libertà di spaziare nel loro immaginario, i bambini incontrano più paletti, invisibili ma forti, rispetto ai confini del loro modo di essere. Come se la virilità fosse, di fatto, un qualcosa da dover confermare e difendere continuamente, dal colore di un berretto quando sei ancora nell’ovetto alla propensione all’aggressività nei giochi. Naturalmente i paletti ci sono di più o di meno, a seconda dell’ambiente nel quale si cresce e alle rigidità che si incontrano.

Chi lavora a contatto con l’infanzia ha la possibilità di accogliere queste preoccupazioni e, laddove possibile, accompagnare i genitori a capire meglio il proprio bimbo o bimba in un mondo dove non è davvero (per fortuna) tutto bianco o tutto nero, o tutto rosa o azzurro.

Non ci sono risposte semplici, e la storia di Julián non ci pensa nemmeno a darne. Ci restituisce, invece, un momento di forte complicità e di amore tra nonna e nipote, un amore che comprende anche rispetto, libertà e sapersi mettere in gioco, tutte cose che non sempre sono facili per tutti noi e da dare per scontate. Ci suggerisce che immaginarsi altro può essere solo un gioco. Oppure – forse sì, forse no – un qualcosa di più, ma un qualcosa che non deve spaventare a prescindere.

Questo albo tocca delle corde in me, un po’ per formazione, un po’ da madre di una bimba che si prepara ad accogliere un fratellino. Irrazionalmente, fin da piccola mi ero immaginata con una sfilza di figlie femmine (Louisa May Alcott, sentiti chiamata in causa, tu c’entri).
Non sarà così, pace, e per una serie di motivi è già meraviglioso e pazzesco essere arrivata fino a qui. Crescere un maschio un po’ mi intimorisce, e credo che sia in gran parte per aver studiato troppo a lungo gender studies. Per la consapevolezza che, se sulle bimbe gravano stereotipi vetusti, anche i bimbi ne hanno parecchi con cui confrontarsi, sia pure in un mondo in cui ci sono forti squilibri e nascere maschio, che si voglia o no, conferisce ancora dei vantaggi (la parola privilegi inizia a starmi un po’ sull’anima).

Panzerotto, noi cercheremo di sfatarne un po’, di questi stereotipi, per quello che possiamo, e di lasciarti libero di essere chi sarai. Tu intanto nuota, e se vuoi nuotare con una coda a squame, tanto meglio. Io sono dei Pesci, del resto.

Love, J. (2018). Julián è una sirena. Franco Cosimo Panini editore.

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