Quando avevo 6 o 7 anni, da grande immaginavo di fare la scrittrice, la maestra, la suora o la cantante. La cantante per via di Cristina D’Avena e Creamy, la scrittrice per via di Jo March. Maestre e suore erano la gente con cui trascorrevo la maggior parte delle mie giornate, quindi la proiezione nei loro panni era abbastanza naturale.
Anche la piccola – e poi giovane – protagonista di Why is everybody yelling?, graphic novel autobiografica dell’autrice e illustratrice Marisabina Russo, da grande si immagina suora. E artista.
Il sottotitolo del libro promette il racconto di un’infanzia in una famiglia migrante, e mantiene la promessa.
Siamo a New York alla fine degli anni Cinquanta e incontriamo Marisabina, detta Cookie, all’inizio della scuola elementare. È una scuola cattolica, e Cookie vive felicemente immersa in un mondo di suore e rituali e in un immaginario di santi, purgatori e paradisi.

Fuori da scuola, invece, trova ad aspettarla una vivace e rumorosa famiglia matriarcale ebraica, quella della madre, tedesca di origine polacca. Cookie ha un padre italiano assente e dal quale vorrebbe essere amata, anche se incontrarlo dal vivo l’ha delusa. E una madre, appunto, dalla personalità molto intensa, della quale conosceremo varie sfaccettature. Ha anche due fratellastri dai nomi italiani, molto più grandi e diversissimi tra loro, una nonna e due zie. Tutti questi parenti sono sopravvissuti, in vari modi, alla guerra e alla Shoah, e questi vari modi Cookie – nata negli Stati Uniti nel dopoguerra – li scoprirà un po’ per volta, crescendo. Così come noi scopriremo, poco per volta, le identità culturali composite, stratificate della protagonista e dei suoi familiari.
Perché una religione porta sempre con sé una cultura, e nel caso della famiglia materna di Cookie, religione, cultura, vissuto personale e storia collettiva sono indissolubilmente intrecciati.

Attraverso una serie di episodi in ordine cronologico, che si snodano nell’arco di dieci anni, seguiamo Cookie nella sua quotidianità e nei cambiamenti che affronta, dalle prime amicizie alla scoperta del suo interesse per l’arte.
Ma se la voce narrante è la sua, e così il punto di vista, l’affresco di gruppo che ritrae la famiglia, con aggiunte ed evoluzioni è un coprotagonista a tutti gli effetti.
Negli anni Cookie scopre, e noi con lei, sempre più dettagli sul passato dei fratelli, delle zie, della madre e sulle dinamiche, a volte anche conflittuali e irrisolte, che li legano tra loro. Sono tutte, ognuna a modo proprio, persone resilienti, che hanno reinventato una vita oltre l’oceano, condizionate ma mai schiacciate da ciò che hanno subito.
Più lei cresce, più alcuni pattern le diventano chiari. Lei è sempre stata la più piccola, la fortunata, che non ha mai vissuto la guerra. In un meccanismo (tossico) classico, il non aver vissuto gli stessi traumi della mamma e dei fratelli fa sì che lei veda costantemente sminuito o negato qualunque suo problema o disagio. E al contempo le tracce di quello che i suoi familiari hanno vissuto sono parte indelebile di lei.

Sabina, la madre, è un personaggio forte e dominante, a tratti duro con le persone che ama; se durante l’infanzia della protagonista emergono di lei (attraverso lo sguardo narrante) gli aspetti più positivi, nell’adolescenza si fa una presenza soffocante. Ne intravediamo ombre e luci e comprendiamo il misto di amore ed esasperazione di Cookie nei suoi confronti, e in generale verso le sue radici, indispensabili e al contempo un po’ ingombranti. Alla fine, anche noi vorremo partire per il college.
Un memoir dai toni agrodolci, che sa dosare umorismo e malinconia, per camminare qualche luna nelle scarpe di una ragazzina con un bel po’ di trauma intergenerazionale sulle spalle.
Russo, M.(2021). Why is everybody yelling? Farrar, Straus and Giroux.