E alla fine arriva Skim

Oggi è l’ultimo giorno di giugno, e finisco la mia carrellata arcobaleno di questo mese del Pride (virtuale) con una graphic novel che mi incuriosiva da tempo. Si tratta di Skim, scritta da Mariko Tamaki e illustrata dalla cugina, Jillian Tamaki, autrici insieme di altri libri di successo come E la chiamano estate, edito dalla Bao Publishing, che mi ha fatto scoprire il tratto morbido, raffinato ed intensamente espressivo di questa illustratrice.
Di recente vi ho raccontato di Laura Dean continua a lasciarmi, altra graphic novel scritta da Mariko Tamaki ed illustrata da Rosemary Valero – O’Connell.

 

SKIM EDIZIONE BD 2011 MARIKO TAMAKI JILLIAN TAMAKI
Skim – che ho letto in italiano nella versione di Edizioni BD – è uscita qualche anno prima, nel 2005, ma soprattutto è ambientata in un periodo diverso da quello contemporaneo: un passato non remoto ma comunque meno ‘illuminato’ e sicuro per le persone con identità queer.  Siamo nel 1993, in un liceo cattolico femminile di Toronto, in Canada.
Skim è il nomignolo ironico (da un gioco di parole con slim, “magro”) appioppato dalle compagne di scuola a Kim, sedicenne leggermente cicciottella la cui voce, sotto forma di diario, ci racconta questa storia.  Kim mi sta molto simpatica. Come tantissimi adolescenti e non solo adolescenti, ha svariati problemi ed insicurezze da affrontare ed è impegnata nel percorso accidentato di scoprire se stessa. Rispetto alla massa delle sue compagne bianche, bionde e snelle, spicca come un anatroccolo di una diversa covata per la sua fisicità più formosa e per i tratti che rispecchiano la metà asiatica delle sue origini. Insieme alla sua migliore amica Lisa, sta cercando di affermare la sua identità ‘fuori dal coro’ vestendosi da goth e interessandosi alla wicca: due elementi che, senza dubbio, contribuiscono ulteriormente alla loro posizione marginale rispetto ai gruppetti delle ragazze popolari. Nell’habitat impietoso e ottuso di questo liceo di periferia, Kim è da tempo vittima naturale del bullismo strisciante – e spesso razzista – di chi la considera strana e “sfigata”. Ma il vittimismo non le appartiene.  Ci sono tante, troppe altre cose di cui si deve occupare e preoccupare, al di là delle compagne di scuola.

Skim fotografa i tre mesi iniziali di un anno scolastico, abbracciando con  uno sguardo  sensibile e sottilmente ironico, senza tracce di didascalismo nè pretese di dare soluzioni, una serie di temi tosti, difficili, come il suicidio, la depressione, il bullismo,  le amicizie tossiche, la scoperta dell’amore e della sessualità. Sono mesi nei quali Kim non se la passa benissimo, e ad agitare ancora di più le sue acque interiori arriva una cotta per la nuova, giovane insegnante di teatro. Miss Archer ha pochi anni più degli studenti, lunghi e selvatici capelli rossi, si veste da hippie ed è reduce da un’esperienza di vita in una comune. Comprensibilmente, la sua persona apre per Kim uno spiraglio di luce su un possibile futuro al di là del mondo un po’ asfittico e conformista del liceo. Una situazione classica – l’innamoramento per l’insegnante ‘alternativo’ con quella scintilla di carisma e vitalità in più  – nella quale, credo, molti ex adolescenti “non popolari” si potranno rispecchiare. Sicuramente è la storia della mia vita dalla quinta elementare in poi.:-D

Il fatto è che con Miss Archer succede qualcosa. Qualcosa che non dovrebbe succedere mai tra insegnanti e studenti, perlomeno non prima di essere usciti da questi ruoli, dopo il diploma. Qualche chiacchierata dopo le lezioni, una passeggiata in un parco, un bacio. Un unico bacio, dopo il quale la prof, rendendosi conto di aver superato un limite pericoloso (nonchè illegale), si ritrae, ma che scatena una rivoluzione interiore in Kim. L’allontanamento di Miss Archer, che cambia repentinamente scuola, fa precipitare la protagonista in un periodo di depressione.  Il resto della sua vita non va alla grande. Il rapporto con la sua migliore amica è altalenante e sbilanciato: la stessa Lisa ha atteggiamenti prevaricatori, egocentrici nei suoi confronti. I genitori separati e litigiosi di Kim offrono uno sfondo sconfortante alle sue disavventure quotidiane. La ricerca di spiriti affini la porta a fare esperienze tra il bizzarro e il desolante, come quella di imbucarsi, insieme a Lisa, in un raduno di wiccan, in realtà alcolisti anonimi, in un bosco.

Nel frattempo, la scuola viene sconvolta da un episodio drammatico: un ragazzo della vicina scuola maschile, ex fidanzato di una delle compagne di scuola di Kim, si suicida. Tra le motivazioni possibili, solo sussurrate e mai esplicitate, c’è la difficile accettazione da parte del ragazzo della propria omosessualità. L’ex fidanzata, già incline all’autolesionismo, sembra precipitare in una spirale sempre più negativa.
Gli adulti vanno in ansia e si mobilitano improvvisando seminari sul benessere psicologico dalla disarmante superficialità, che non vanno ad indagare le possibili ragioni della sofferenza del ragazzo morto, come episodi di omofobia o altro, e non affrontano seriamente problematiche complesse come il malessere psicologico e la depressione.
In parallelo, la cricca delle ragazze più popolari crea il luccicante club “Girls Celebrate Life”, dedito a prevenire il suicidio giovanile attraverso serate di cinema e un ballo scolastico. A questo punto la narrazione si tinge di una importante vena di sarcasmo nel ritrarre gli sforzi entusiastici dell’ ape regina e delle sue aiutanti nello spostare su di sè l’attenzione attraverso le loro benintenzionate iniziative, sempre a favore di telecamere. Kim viene individuata – da adulti e studentesse – come un soggetto predisposto al suicidio, ufficialmente per il suo stile gothic (e forse per i suoi lineamenti e per la sua fisicità che la rendono “diversa”) e deve dribblare imbarazzanti tentativi di inclusione da parte di persone che non l’hanno mai considerata prima, e che non fanno nemmeno ora lo sforzo di conoscerla.

Non succede niente di davvero eclatante, in questi mesi nei quali seguiamo le orme di Kim e ci addentriamo nei suoi stati d’animo mentre naviga nel mare tempestoso dell’adolescenza. Un elemento che ho trovato rinfrescante di Skim è l’assenza di enfasi sulle caratteristiche che ci si aspetterebbe di vedere problematizzate: la nostra protagonista non passa il tempo a torturarsi perchè è sovrappeso, o per i  lineamenti che evidenziano le sue origini asiatiche, o perchè sta scoprendo di provare attrazione per le donne. Kim esce – è già fuori – dallo stereotipo al quale il resto dei coetanei sembra ridurla, è consapevole della meschinità di alcune dinamiche scolastiche. Se soffre è perchè il primo innamoramento spesso ha un retrogusto amaro (e sicuramente l’omofobia diffusa non aiuta, ma non è il problema principale). Perchè non aver ancora trovato un gruppo di sodali a sedici anni fa sentire soli. Perchè è il tipo di persona che inizierà a stare bene nella propria pelle e a risplendere dopo il liceo, e non durante.

Alla fine di questo arco narrativo intravediamo, comunque, qualche bagliore di positività. Kim inizia a prendere le distanze da Lisa e si avvicina a Katie, anche lei esasperata dall’atteggiamento ipocrita e soffocante delle sue cosiddette amiche, desiderose di fare la parte delle salvatrici ma incapaci di chiederle davvero come sta e di ascoltarla, di vederla. Un primo passo, forse, verso la ricerca di spazi nei quali stare bene con se stessa e verso una nuova leggerezza nel suo essere nel mondo.

Tamaki, M., Tamaki, J. (2011). Skim. Edizioni BD.

Età consigliata: dai 15 anni.

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