“L’isola di Kalief”, oggi visto da domani

Libro L'isola di Kalief Orecchio acerbo

Racconta una storia molto dura, L’isola di Kalief, scritto da Davide Orecchio ed illustrato da Mara Cerri, edito di recente da Orecchio Acerbo. Una storia dura e per questo necessaria. Lo fa attraverso una scelta narrativa che aggiunge una nota lieve e visionaria, che dà respiro là dove la realtà fa mancare il fiato.

La voce narrante è quella di una bambina del futuro, una bambina felice che vive in un’isola stupenda, con una vegetazione lussureggiante, una flora e una fauna dai nomi favolosi – melinoce, ederapesco, cipressananassi, lecciobambù, corvirondine – e un’architettura che si fonde armoniosamente con il verdissimo paesaggio.
Mentre si libra sulla sua città con uno skateboard volante, la piccola narratrice inizia a raccontarci che la sua isola, l’Isola di Kalief, non è sempre stata così, come lei la conosce nel suo tempo. Si chiamava Rikers Island ed era una grande prigione piena di ragazzi, piena di figli.
Le tonalità verdi e azzurre brillanti del futuro si trasformano in una palette di colori molto cupi mentre ascoltiamo la storia di Kalief, il ragazzo che ha cambiato tutto quanto.

Arrestato con un’accusa di furto, il sedicenne afroamericano Kalief viene incarcerato a Rikers Island in attesa che un giudice stabilisca la sua innocenza o la sua colpevolezza. Il carcere è pieno di ragazzi come lui, poveri, mentre i ricchi pagavano per uscire, aspettando a casa il processo. La vita in prigione è dura, piena di una violenza gratuita e feroce da parte degli altri carcerati e delle guardie. Passano i giorni, i mesi. Kalief compare diverse volte davanti al giudice, si dichiara innocente, e ogni volta viene nuovamente rinchiuso a Rikers; gli viene negato un processo. Viene rinchiuso in un’orrida cella di isolamento per lunghissimi periodi e rasenta la pazzia.

Gli anni passano, tre anni, quasi quattro, e Kalief è ormai l’ombra del ragazzo che era stato.
Quando viene liberato per assenza di prove, torna a casa, ma non è più la stessa persona. La tristezza, l’alienazione dell’orrore che ha vissuto lo hanno segnato per sempre, diventano insopportabili. E questo ragazzo, che era già diventato simbolo della battaglia per la riforma del sistema giudiziario di New York, si toglie la vita nella sua camera.

La storia di Kalief Browder, purtroppo, è vera. Dalla sua vicenda, le istituzioni colpevoli di aver calpestato i suoi diritti basilari hanno tratto qualche insegnamento: l’isolamento viene abolito, prima per i minorenni, poi per tutti i detenuti, ed entro il 2026 il carcere chiuderà.
La realtà di Rikers Island trova posto anche tra le pagine di Gotico americano di Arianna Farinelli (Bompiani), che, per una coincidenza, ho letto nelle scorse settimane. Qui il carcere newyorkese è teatro della tragedia privata che segna la vita di uno dei personaggi, ma è anche un luogo simbolo del razzismo istituzionalizzato, degli abusi di potere, delle profonde spaccature e contraddizioni che attraversano la società statunitense. E che, calate in un altro contesto, sono anche le nostre.

L’albo di Orecchio e Cerri racconta la vicenda di Browder inserendola in una narrazione che dà spazio al domani, alla speranza di un futuro meno brutale e feroce. Una prosa che riesce a toccare con delicatezza e immagini liriche e al contempo vivide un’esperienza agghiacciante e disumana. Immagino come pubblico di questa lettura ragazzi dalle scuole medie in su. Anche in classe, come aggancio letterario per parlare di diritti umani e di come questi vengano negati o messi a repentaglio anche nei paesi che si considerano più progrediti.

Orecchio, D., Cerri, M. (2021). L’isola di Kalief. Orecchio Acerbo Editore.

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