Disclaimer: questa non è una recensione, solo un flusso di coscienza a caldo. Ho cercato di evitare spoiler eccessivi. L’avreste mai pensato di poter avere degli spoiler su Piccole donne?!
E niente, stamattina mi sono risvegliata in botta da bellezza.
Quella di Little Women di Greta Gerwig, che finalmente ho visto ieri (grazie, sorella che mi hai portato al cinema!). Ora, per ragioni anagrafiche, per me il film di riferimento, quello definitivo, rimane quello del 1994 di Gillian Armstrong, ma Gerwig ha realizzato un lavoro molto interessante, esteticamente intrigante, vibrante, appassionato, che credo sia un tributo affettuosamente ironico a L. M. Alcott e a tutti noi che credevamo di sapere a memoria cosa aspettarci, e invece no.
Invece ha voluto strizzarci l’occhio, come lettori incalliti e fan delle sorelle March e stupirci con dei twist metanarrativi. Ha adottato una struttura narrativa costruita sui flashback, aprendo il sipario sulla sagoma di spalle di Jo adulta, a New York, di fronte alla porta del suo futuro editore. Ha scelto di giocare molto sul nodo dell'(in)dipendenza economica femminile e sul contrasto tra l’età ‘perduta’ degli anni giovanili e le dolcezze ed asperità del passaggio all’età adulta. Ha voluto inserire alcune scene, soprattutto di Good Wives (Piccole donne crescono), mai viste nelle versioni cinematografiche precedenti, anche se, al contempo, alcuni passaggi e dettagli – ad esempio rispetto alla linea temporale – sono stati velocizzati o stravolti o inventati, fino al colpo di scena finale, quando l’ho amata, punto.
Ho deciso di mettere a tacere l’ortodossia in me e di lasciarmi travolgere dallo splendore. Lo splendore della fotografia, della colonna sonora, delle transizioni tra passato e presente. Saoirse Ronan aveva sulle sue spalle un’enorme responsabilità, e per me è stata assolutamente all’altezza; dopo pochi secondi è diventata Jo. Mi sono goduta l’interpretazione di Marmee e quella di zia March, rinfrescanti (soprattutto la prima) rispetto ai canoni passati senza per questo perdere credibilità. Certo, alcune scelte rispetto agli interpreti maschili mi sono sembrate un po’ random; ad esempio Fritz, che dovrebbe essere quasi di mezza età e sembra, invece, un tardoadolescente. Emma Watson è tanto ciccina, ho solo un momento di dissonanza cognitiva quando compare in altri film, perchè mi sembra di vedere sempre Hermione Granger a 14 anni, massimo 15.
Ho assaporato il calore degli interni e degli esterni anche innevati, il rumore (l’avevamo mai sentito?) degli stivaletti di Jo su e giù per le scale di legno di Orchard House, i momenti di realistica caciara da gineceo delle scene domestiche.
Ho deciso di immergermi liberamente nel sortilegio di un classico che viene reinterpretato, si trasforma e rimane lo stesso, mantiene la sua anima nonostante il passare del tempo e dei volti, delle voci che lo raccontano, dello sguardo che lo legge e ne rimanda il riflesso, aggiungendo nuove sfumature, luci, ombre. Continuando a dargli e ridargli vita.
Immagine: Saoirse Ronan, Sony Pictures.