Lontano dalla caramellosita’ della festa della mamma e da ogni retorica, Mia madre di Stephane Servant ed Emmanuelle Houdart è un albo perturbante sul materno.
Si tratta di un libro che esplora l’intricata e vitale relazione di una bambina con sua madre. Una creatura, questa madre, quasi mitologica e al contempo visceralmente umana, talvolta inquieta, reale nel suo essere metamorfica e mai riducibile ad una sola dimensione.

Una donna che è anche uccello, lupa, volpe, giardino rigoglioso e selvatico nel quale ci si può pungere e tagliare, albero, cacciatrice armata di spada e gomitoli, luce e oscurità.

Che è tana assoluta, rifugio per lunghi letarghi e allo stesso tempo soffre se si sente in gabbia. Che qualche volta si allontana a cantare e danzare in foreste misteriose, immagine metafora di tante cose, tra cui la parte della madre che è inconoscibile, la sua sfera più intima.
E la separazione, una qualsiasi separazione – temporanea – come accade realmente nell’ infanzia, può gettare la bambina nello sconforto, portando alla sua mente scenari di perdita irrimediabile, irreversibile. Ma la madre metamorfica la rassicura: troverà sempre la strada per tornare da lei.
La figlia è bambina, ma alcune dinamiche sono così universali che si potrebbero trasporre ad altre età e fasi di questa relazione così centrale e spesso complessa.
Le tavole di Houdart sono un tessuto sofisticato e ipnotico, intriso di simboli ricorrenti – alcuni dei quali ritroviamo anche in altre sue opere -, ordinatamente ingarbugliato di motivi che richiamano il mondo naturale.

Un albo lirico e selvaggio, dedicato a tutte le donne che sono anche madri, che vivono con intensità questa dimensione della loro vita senza per questo lasciarsi chiudere dentro uno stampino apparentemente perfetto, sotto il peso di aspettative irrealistiche quanto comuni.
Servant, S., Houdart, E.(2016). Mia madre. Logos edizioni