Ciao, amiche e amici immaginari, come state?
Questo post avevo iniziato a scriverlo a marzo, poi sono successe un po’ di cose, tra cui un trasloco che è stato la ciliegina sulla torta per me in un periodo di sovraccarico e incastro di cose da fare, ansie e assenza di momenti di ricarica. Quindi non ho scritto per un po’, ma ho letto cose interessanti di cui, a poco a poco, vi racconterò intanto che cerco un po’ di ossigeno 🙂
Nel paese delle Veramiglie di Camille Jourdy (Arka edizioni) è un volume favoloso a cui facevo il filo da tempo, e che è venuto a casa con me grazie all’altrettanto favoloso dono di una carta regalo da utilizzare a Binaria, la bella libreria del Gruppo Abele a Torino. E’ un libro a cavallo tra i generi e con rimandi a diversi topoi narrativi, difficile da inquadrare, per chi vuole inquadrarlo, ma secondo me non occorre farlo. La lettura, tra tavole in colori pastello dalle quali spuntano in gran profusione personaggi surreali e inaspettati e rimandi alla letteratura classica per l’infanzia e alla cultura pop, può risultare godibilissima a 10 come a 45 anni.
Jourdy sceglie il linguaggio del fumetto per trasportarci in una dimensione fantastica, in un viaggio che fa propri alcuni elementi tipici del romanzo di formazione, e nel quale ogni passo ci porta ad immergerci tra personaggi e situazioni al contempo deliziosamente nonsense, irriverenti e archetipici. Seguiamo i passi di Jo, una bambina senza peli sulla lingua che, arrabbiata con la sua famiglia ricomposta (padre, ‘matrigna’ e ‘sorellastre’) dalla quale non si sente abbastanza considerata, si allontana dal campeggio dove si trovava con loro in vacanza. Invece che in un coniglio bianco, Jo si imbatte in una minuscola coppia di reali a cavallo e li segue attraverso un tunnel che si rivela, naturalmente, un portale magico, il passaggio che la condurrà nel paese delle Veramiglie.
La prima tappa è in un villaggio popolato da creature di vario genere, una piccola comunità travolta dalle angherie del perfido Imperatore Gattaccio, che ha imprigionato già 7 dei suoi abitanti. Tra cui la mamma di Nuk, vivacissima e microscopica bimba-gatto con cui Jo stringe subito un legame, scoprendo un’affinità.

L’Imperatore sta per celebrare una grande festa in maschera per il suo compleanno: l’occasione irrinunciabile per tentare una missione di salvataggio, intrufolandosi nel castello sotto mentite spoglie. Ed è l’inizio dell’avventura vera e propria, quella che ci porterà nelle segrete del castello con Nuk e al contempo nei boschi e nelle valli del Paese delle Veramiglie insieme alla combattiva Jo – determinata a liberare la sua nuova amica Nuk -, al volpone Maurice, musone e protettivo, e ad altri personaggi che si uniscono a loro strada facendo, come il pelosissimo cane Ponpon con i suoi stivaletti di gomma variopinti e i suoi traumi da rielaborare.
Un viaggio nella migliore tradizione dei romanzi “di formazione”, nel quale i protagonisti abbassano, lentamente, le reciproche difese, iniziano a fidarsi l’uno dell’altro, a scoprire le sfaccettature dell’altro. Un ponte crolla e i nostri si trovano a dover percorrere una strada molto più lunga del previsto per trovare un passaggio segreto che li riporti dentro il castello. Attraversano paesaggi molto variegati, da quelli arcadiani a quelli minacciosi, come la Palude dell’oblìo, che minaccia di far dimenticare ai viaggiatori la loro identità, trattenendoli per sempre in una realtà sospesa, come un limbo, insieme a un minuscolo Peter Pan e a minuscoli Bambini Sperduti e follettini alati. Fanno incontri deliziosamente spiazzanti, come quello con le tre vivacissime Vegliarde che custodiscono il segreto finale per arrivare al castello.
E le Veramiglie che danno il nome al Paese, in tutto ciò? Sono creature fantastiche, dei robusti mini pony in colori e sfumature pastello e dal linguaggio senza filtri, ossessionate dai dolcetti e in particolare dalle caramelle gommose: per ottenerle sono pronte pressochè a tutto, ma in generale amano la libertà (in cattività sbiadiscono) e in più occasioni svolgono il ruolo di aiutanti positivi nei confronti dei nostri eroi.
Maria Polita su Scaffale Basso fa notare che il nome delle creature è un caso di metatesi: l’ordine delle sillabe viene invertito, come accade spesso nella lingua parlata dei bambini. Un tocco favoloso in più, ma anche un segno dell’alterità del mondo che Jo sta visitando e facendo suo.


Mentre seguiamo il percorso di Jo, la storia dei viaggiatori viene al contempo raccontata nel suo snodarsi da Mimi, la mamma di Nuk, nelle segrete del castello. Ed è sempre una canzone dolce e struggente intonata da Mimi alla fine dell’avventura, sulla strada di ritorno verso il villaggio, a far scattare in Jo il desiderio di casa. Vivendo quest’intensa avventura collettiva è riuscita ad attraversare la sua rabbia, a lasciarla andare, e si sente pronta ad affrontare di nuovo gli alti e bassi della sua realtà. Sapendo di poter tornare, se ne avrà bisogno, a visitare il paese delle Veramiglie, una dimensione magica nella quale perdersi per ritrovarsi più interi.

Jourdy, C. (2020). Nel paese delle Veramiglie. Arka edizioni. Traduzione di Silvia Cavenaghi.