A mille millimetri di distanza

Ammetto che sono stata e sono un po’ diffidente verso le varie pubblicazioni-lampo che sono uscite nei mesi della prima ondata di covid-19 e destinate ai bambini. Certo, nel mucchio ci sono stati prodotti di qualità e altri molto improvvisati; credo che, in ogni caso, non si possa parlare di letteratura quando ci riferiamo a libriccini, brochure didattiche e altri strumenti mirati ad accompagnare i bambini nella loro ‘lettura’ e comprensione della realtà che stavano (e stanno) affrontando. Su questo tema condivido un articolo pubblicato a marzo dal blog Teste Fiorite.

Come tante altre persone, nei mesi scorsi ho provato preoccupazione e rabbia anche per il modo caotico e miope in cui sono stati presi in considerazione e gestiti i bisogni di bambini e ragazzi – e anche dei loro genitori o di chi si prende cura di loro – sia in relazione alla riapertura di servizi e scuole, sia più in generale. Anche il buonismo vuoto di tutti quegli arcobaleni alle finestre, col passare delle settimane e dei mesi, ha iniziato a darmi l’orticaria.
Rimane il fatto che stiamo attraversando una fase molto complessa, che ha già avuto ricadute pratiche ed emotive nella vita quotidiana di ciascuno.

Un metro di Sara Gomel e Chiara Ficarelli è uscito questo mese per i tipi di Orecchio Acerbo e mi ha incuriosito perchè, rispetto ad altre pubblicazioni nate in risposta all’emergenza coronavirus, non si pone l’obiettivo di spiegare questo fenomeno o di dare risposte rassicuranti a dubbi e domande degli ipotetici lettori.
Si presenta come un libro-oggetto, o se preferiamo un libro-gioco, disegnato con una forma specifica a fisarmonica grazie alla quale, da aperto, è lungo precisamente un metro e con un lato millimetrato che suggerisce di utilizzarlo proprio come strumento di misura. E propone una narrazione quasi lirica che riecheggia fatti e regole della situazione contemporanea senza richiamarne esplicitamente il contesto.

Non si sa perchè, un giorno i Tg annunciano, all’improvviso, l’obbligo di mantenere la distanza di un metro tra le persone. Scende la notte su una città ammutolita. Niente più baci, abbracci, pizzichi, giochi di contatto. Una bimba e il suo papà misurano quanto è lungo un metro: come una spaccata, come centro formiche in fila indiana, come una torre di cinque pupazzetti, come cinquanta lacrime in fila per due. Dentro un metro di cielo ci sono le stelle, che sembrano vicine ma in realtà sono lontanissime l’una dall’altra.
Tutti i metri del paese vengono chiamati a raccolta e usati a più non posso per tenere a distanza le persone. Ma lentamente i metri stessi iniziano a consumarsi, a sgretolarsi…a ribellarsi? E diventano sempre più corti, così le distanze si accorciano sempre di più.

“E infine un giorno,
all’improvviso,
tutte le mani del mondo
si sentirono sfiorare da altre mani,
per la prima volta
dopo tantissimo tempo.”

Una storia lieve dal finale rodariano che non spiega cose, non dà risposte nè pat pat sulla testa, ma riflette un disappunto, un malessere condiviso e la speranza urgente di poter tornare presto a una ‘nuova normalità’ vera. Nella quale ci si possa toccare tutti, fare un girotondo, nella quale il pianeta possa tirare un sospiro di sollievo collettivo (e tornare ad occuparsi di tutto il resto).

Gomel, S., Ficarelli, C. (2020). Un metro. Orecchio acerbo
Età consigliata: dai 4 anni


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