Dall’arrivo di Polpetta il mio tempo-libri si è drasticamente ridotto, il che mi sta portando, negli ultimi mesi, ad esplorare albi illustrati e graphic novel più dei classici chapter books. Per questo Vincent e Theo di Deborah Heiligman l’ho degustato a piccoli assaggi.
Il genere biografico in sè non l’ho mai frequentato a fondo nel mio percorso di lettrice, e l’approccio di Heiligman a questa doppia biografia, che si snoda coraggiosamente lungo le vite impervie di Vincent e Theo Van Gogh ha in sè alcune caratteristiche peculiari. Forse per questo ci ho messo un po’ ad “entrare” con lei nella narrazione, ad abituarmi e ad accettare la sua voce che si intreccia a quelle dei protagonisti.
Vincent e Theo è l’esito di un lavoro lungo, approfondito ed impegnativo, che ha visto l’autrice confrontarsi con molte fonti documentarie. Come, credo, la maggior parte delle biografie, ha in sè un’anima più asciutta, di resoconto dei fatti noti e certi, ed un’anima narrativa, che va a tracciare una storia immaginata a partire da quei fatti documentati, ad interpretare possibili stati d’animo e motivazioni, a raccontare un personaggio dandogli tridimensionalità a partire da quelle lettere, da quelle carte silenziose, imbevute di una vita lontana nel tempo. Un lavoro che non dev’essere per niente facile, ancora di più considerando che i personaggi narrati sono molto celebri e su di loro sono già stati spesi fiumi d’inchiostro.
L’opera di Heiligman si gioca tutta in una sorta di analogia con la pittura, soprattutto nella prima parte. Alcuni capitoli sono scene, o anche bozzetti, impressioni. Visioni, scorci nelle vite dei due giovani Van Gogh. Man mano che i due fratelli crescono, iniziamo a sentire le loro voci; la narrazione si fa via via più nitida e le scene più articolate. Il racconto si dipana seguendo sempre più le tracce lasciate da Vincent e Theo: le lettere e poi, da un certo punto in avanti, i dipinti. Che diventano pietre miliari, appigli preziosi nello srotolarsi della trama, e coprotagoniste.
Questo libro contiene molte storie. Contiene un ritratto ricco e multisfaccettato di Vincent. Un uomo passionale, continuamente alla ricerca della sua strada, che convive e guerreggia tutta la vita con problemi mentali. Un uomo che si butta a capofitto nelle sue imprese, che tenta molti percorsi, ma solo nella pittura, nella sua pratica strenua trova una ragione di vita. Non riceverà riconoscimenti se non molto tardi, in un inseguimento perpetuo e infinito della propria autorealizzazione, del proprio posto nel mondo. Una vita fuori dagli schemi borghesi, anticonformista all’ennesima potenza. Un individuo teso alla ricerca della sua unica possibile verità, che solo nel mondo artistico intuisce ed insegue una sorta di comunità di spiriti affini.
Il personaggio di Theo si costruisce e si sviluppa in relazione a quello del fratello, al quale è legato da una relazione di codipendenza. Vincent e Theo sono intimamente, indissolubilmente legati – l’autrice lo ripete all’infinito, in modo innecessario, perchè l’urgenza e la profondità di questo legame emerge chiaramente tra le pagine. Il loro rapporto attraversa alti e bassi e periodi burrascosi, ma rimane l’unica vera costante delle rispettive vite.
Theo – il fratello affidabile, pragmatico, capace di stare nel mondo giocando secondo le regole ufficiali – di fatto mantiene Vincent, permettendogli di vivere dignitosamente in autonomia e di praticare la pittura, per tutta la sua vita adulta. Crede nelle sue capacità artistiche, vede la sua originalità, il suo genio, e si spende per vederlo riconosciuto. I due hanno affinità di ideali ed una passione comune per l’arte, per quanto le direttrici delle loro vite sembrino allontanarsi. I loro sono percorsi paralleli che si intersecano spesso e altre volte divergono finchè i fratelli non si accettano nella loro diversità. Vincent in alcune fasi è per Theo un fardello pesante da gestire, ma anche un insostituibile compagno di viaggio, che condivide con lui un dialogo intellettuale ed umano quasi ininterrotto. In alcuni momenti è Vincent a sostenere moralmente Theo, a dargli forza; la loro relazione è dinamica e non va solo in una direzione. I due giovani prima e i due uomini poi si rispecchiano l’uno nell’altro lungo il tempo, attraverso tutte le loro vicende, avventure e sventure.
Soprattutto sventure. I due Van Gogh vivono vite brevi, intense e travagliate, segnate da lunghi periodi di solitudine e inquietudine, da amori infelici e sfortunati, da mali del corpo e dell’anima. Theo pare più fortunato, negli ultimi anni conosce la gioia e la pienezza dell’amore corrisposto con Johanna e diventa padre; ma si ammala gravemente anche lui e muore pochi mesi dopo Vincent.
Nel complesso mi sembra che da questa trama a doppio filo emerga forte il tema dei legami familiari: come possano essere stretti ma anche difficili e come possano condizionare le persone. Il Vincent adulto è unito ai genitori Dorus e Anna da un amore complicato, nel quale si mescolano dipendenza, nostalgia, rabbia per i tanti scontri, per l’impossibilità di fondo di comprendersi davvero. Vincent è per loro un figlio difficile, per la sua instabilità psichica – mai davvero presa in carico da qualcuno, se non negli ultimissimi anni – e perchè rifiuta in toto lo stile di vita borghese (pur aspettandosi di essere mantenuto, sostanzialmente, dalla sua famiglia) e la loro fede religiosa (dopo un periodo giovanile di fanatismo). Sono preoccupati per lui, temono per il suo futuro. Vincent vive completamente fuori dagli schemi, sideralmente lontano dalle loro aspettative. Per questo spostano presto le loro speranze dal primogenito a Theo, più prudente e costante. Dalle lettere e dall’affresco narrativo traspare questo complesso di aspettative e ansie che tiene legate le due generazioni di Van Gogh. I figli si sentono amati e sono molto affezionati ai genitori, ma sentono forte il peso di quelle aspettative, di quella pretesa di perfezione morale, il timore di deluderli – cosa che, inevitabilmente, accade. E su Theo grava anche il compito di occuparsi di Vincent, di prendersi cura in qualche modo del fratello “problematico”, senza al contempo trascurare la propria vita e commettere errori. E a quel punto sarà il fratello a prendersi cura di lui.
E’ quella tra i due fratelli, in fondo, la più grande storia d’amore delle loro vite e di queste pagine. Come i personaggi di un Frozen in versione adulta, dark, tempestosa, ricca di pennellate spesse e intense e di sfumature più delicate e senza uno scioglimento a lieto fine. Un romanzo biografico che è coraggioso mettere in mano ad adolescenti – in tempi di genitori-elicottero iperprotettivi – perchè tocca e racconta, senza troppi filtri, temi forti ed esperienze di vita dure o comunque complesse. L’amore, la passione, gli abissi della malattia mentale ma anche della semplice infelicità, lo scontro e il legame talvolta doloroso tra generazioni, la necessaria presa di distanza dalla famiglia di origine e dai suoi dogmi, la ricerca di un senso e di una bussola in una vita che apparentemente non ce l’ha, l’immersione totale in quella che si riconosce come la propria vocazione, la ricerca costante di un equilibrio tra le aspettative esterne e la fedeltà a se stessi.
Heiligman, D. (2019). Vincent e Theo. Giralangolo, EDT.
Trad. di Aurelia Martelli.
Età consigliata: dai 15 anni.