Un tema tagliente e difficile, quello dei foreign fighters, combattenti stranieri arruolati dai jihadisti nella guerra siriana. Buio di Patrick Bard, edito da Giralangolo, lo affronta da una molteplicità di punti di vista, in un young adult corale dal linguaggio accessibile e dal taglio informativo che riesce, però, a trasmettere l’idea della complessità del percorso affrontato dai giovani fighters che decidono di ritornare a casa.
Al centro della narrazione troviamo Maëlle, adolescente cresciuta nella periferia di Le Mans, e il periplo che la porta dalla Francia alla Siria e ritorno, segnando e trasformando indelebilmente la sua vita. La protagonista vive con la madre e la sorella minore e non frequenta più il padre, dal quale si è allontanata dolorosamente dopo che lui è piombato in una depressione aggressiva, tentando il suicidio in presenza della figlia. Maëlle è una sedicenne brillante e arrabbiata, con una intensa, disperata sensibilità verso ogni genere di ingiustizia che la porta a progettare di diventare, dopo gli studi, un’operatrice umanitaria nei paesi del Sud del mondo.
All’inizio di un anno scolastico come tanti Maëlle, profondamente turbata e indignata per la violenza della guerra in Siria, inizia a venire inconsapevolmente avvicinata e catturata da una rete islamica estremista. Dopo aver visitato la pagina Facebook di un’associazione che si occupa di aiutare la popolazione siriana, viene contattata da un gruppo di sue coetanee islamiche, che poco a poco si insinuano nella sua quotidianità, catturandola in una rete di teorie del complotto che fanno presa sulla giovane, a partire dal suo forte convolgimento riguardo al dramma siriano. Gradualmente Maëlle, spirito libero e critico che faceva sempre sentire la sua voce nelle discussioni in classe, inizia a scivolare nella ragnatela manipolatrice tesa verso di lei e a credere ad un complesso costrutto di fake news e idee complottiste che collegano in una sola narrazione gli abusi delle multinazionali, l’inquinamento del pianeta, guerre e violenze, scie chimiche e una setta ebraica, quella degli Illuminati, determinata a conquistare il mondo, che può essere fermata solo attraverso la lotta dei gruppi islamici più radicali. Gli strumenti comunicativi e le strategie messe in atto da questa rete di indottrinatori sono più che mai contemporanei: le persone vengono indottrinate, plagiate emotivamente e mentalmente attraverso l’uso sapiente dei video, dei social network più vari.
Nel giro di pochi mesi, Maëlle decide di convertirsi all’Islam (senza aver mai avuto contatti con una moschea o con persone di religione islamica in carne e ossa) e viene convinta della necessità di partire per la Siria ed unirsi alla lotta armata. Ayat, questo il nuovo nome scelto dalla protagonista dopo la conversione, inizia a vestirsi con abiti lunghi e informi, a coprirsi i capelli, a evitare i cibi che considera impuri, mentre prende sempre più le distanze dalla sua vita di prima. Solo la sorella viene messa a parte del cambiamento e viene a sapere che Ayat si è “sposata” via Skype con un combattente più adulto, che intende raggiungere in Siria.
Quando la ragazza scompare, partendo insieme ad un’altra giovane convertita, le persone a lei più vicine, a partire da Céline, la madre, si colpevolizzano per non aver colto i segnali di quanto stava succedendo.
Il periodo in Siria non sarà, per Ayat, la grande avventura che aveva immaginato: la crudezza della realtà e la violenza cieca della rete dei “Fratelli” che l’ha attirata a sé si faranno presto conoscere. Trova, però, inaspettatamente, l’amore: l’uomo sposato a distanza prima di partire è morto in un’azione, ma con il suo “secondo marito”, Redouane, giovane francese di origini arabe, scattano da subito un’affinità e un sentimento che di solito non caratterizzano i matrimoni combinati. Dopo qualche mese troviamo la coppia vivere in una situazione estremamente precaria, in attesa di un bimbo. Nessuno dei due è stato (per fortuna) realmente coinvolto in azioni terroristiche, vivono di lavoretti ai margini del gruppo. I pericoli della guerra e il clima sanguinario che domina la loro stessa comunità – con esecuzioni contro gli stessi combattenti ‘infedeli’ all’ordine del giorno, per la minima infrazione – li portano a decidere di scappare, viaggiando verso la Turchia. Nel corso della fuga Redouane viene colpito, mentre Ayat riesce passare il confine e a raggiungere Celine, che la aspettava in Turchia. Il ritorno in Francia è tutt’altro che rose e fiori per la giovane, incinta, agli arresti domiciliari per aver supportato un gruppo terroristico, e alle prese con la necessità di processare tutto quello che ha vissuto (compresa la morte del suo compagno) e ridefinire la propria identità. Inizialmente Ayat vorrebbe ritornare in Siria, tanto è difficile il ritorno nella sua cameretta di adolescente, dopo che tutto nella sua vita è mutato in modo così sconvolgente. Con il tempo, grazie anche al supporto di un centro specializzato nell’assistenza psicologica ai giovani che escono da un percorso analogo al suo, riuscirà, non senza sofferenza, a rimettere insieme i pezzi, a ritrovare una connessione con la madre e la sorella e a guardare al futuro, vivendo l’arrivo della sua bambina come un nuovo inizio. Il tempo e la distanza la aiuteranno a rielaborare quello che le è successo e a prendere le distanze dalle espressioni dell’Islam radicalizzate e violente. La fede, invece, slegata dalle istanze politiche, rimane qualcosa che Ayat vuole esplorare, studiando ed approfondendo correnti come il sufismo, avendo compreso che esistono tante espressioni della religione alla quale si è avvicinata. L’esperienza terribile che ha vissuto non le impedisce di guardare al futuro: il suo sogno di diventare una cooperanti rimane acceso.
La storia di Ayat è raccontata, in realtà, non solo attraverso la sua voce, ma anche e soprattutto, come dicevamo, attraverso le voci di altri personaggi: la madre, Céline, la sorella Jeanne, Redouane, la psicologa Aicha, ma anche il suo ex ragazzo Hugo, uno dei suoi insegnanti, una compagna di scuola ed Amina, la “sorella” con la quale Ayat era partita, che la condanna per la sua fuga ma ne sente la mancanza.
La compresenza di questi sguardi contribuisce a rendere il quadro più tridimensionale, mostrando tante delle possibili sfaccettature della vicenda di Maëlle/Ayat. Forse sarebbe stato interessante dare ulteriore spazio al punto di vista della protagonista (la narrazione si apre e si chiude con i suoi due interventi, mentre tutta la parte centrale del libro dà voce agli altri personaggi), per approfondire maggiormente il suo percorso interiore. La costruzione della storia, comunque, a mio vedere, è efficace e lo stile diretto e asciutto contribuisce all’obiettivo di gettare luce su un fenomeno tanto complesso e di mettere in guardia contro ogni possibile “lavaggio del cervello” mediatico della nostra epoca.
Bard, P. (2017). Buio. Giralangolo (EDT).
Età consigliata: dai 14 anni.