Pioggia: quanto l’abbiamo desiderata in questi mesi di città roventi e siccità da paura? Io di pioggia ne ho proprio voglia, senza contare che ho una figlia che pratica salto nelle pozzanghere a livello professionale.
Qualche giorno fa ho avuto la super fortuna di essere in Irlanda. Abbiamo tirato fuori il kway quasi tutti i giorni, ma abbiamo potuto lo stesso far pucciare i piedi a Polpetta nel mare, nel lago, nella sabbia. La relazione dei genitori autoctoni con il meteo ci è sembrata, come è facile immaginare, molto rilassata. Lì i bambini se piove ad agosto tirano su (a volte) il cappuccio della felpa ma non vengono istantaneamente avvolti nei piumini o trascinati via nel panico. Nel nostro viaggio abbiamo trovato aree gioco ampie e molto belle, con giochi improntati all’esplorazione fisica, non troppo strutturati e soprattutto con enormi spazi dedicati alla sabbia. Per qualche giorno non ci siamo sentite delle madri particolarmente hippie a lasciare nostra figlia bagnarsi, sporcarsi, scatenarsi all’aperto nonostante un po’ di vento o l’occasionale pioggerella di passaggio. Qualche indumento impermeabile e un cambio di vestiti nello zaino possono darti la libertà che svolta la giornata di una gnoma.
Oggi condivido con voi due albi preziosi, dalla poetica differente ma uniti dall’ambientazione in un giorno piovoso e dalla scoperta della meraviglia che può portare.
Il kappa della pioggia
Con Il kappa della pioggia di Saori Murakami, Kira Kira edizioni ci porta ancora una volta ad immergerci nella cultura giapponese. È un viaggio di piacere, naturalmente.
È una mattina piovosa quando la piccola Nao apre la porta di casa per trovarsi davanti un Kappa. La sua prima reazione è quella di nascondersi sotto il tavolo, e non ha tutti i torti, dato che queste creature mitologiche sono state per molto tempo utilizzate come babau per spaventare i bambini. Senza contare che il Kappa ha le sembianze di una specie di dinosauro verde con la chierica e una pozza d’acqua in cima alla testa. La mamma la rassicura: il signor Kappa oggi sarà il suo babysitter e non c’è niente di cui preoccuparsi.

Con dolcezza e con il potere degli onigiri (squisiti e sandwich di riso giapponesi dal profumo irresistibile) il Kappa invita Nao ad un picnic…sotto la pioggia. I due si avventurano nella città, più silenziosa del solito, per arrivare nel parco, dove altri bambini e i loro kappa si stanno ritrovando per una giornata piena di giochi all’aperto.

I luoghi conosciuti si trasfigurano e rivelano sorprese, lasciando spazio allo stupore e alla scoperta. Le illustrazioni ci trasportano in un mondo dai verdi e blu intensi e vellutati, ricco di dettagli delicati e incantevoli sulla soglia tra la dimensione della quotidianità ed un’altra, magica, che si può scoprire solo nei giorni di pioggia.

Un grande giorno di niente
L’altro libro di cui vorrei raccontarvi è un albo potente di Beatrice Alemagna, uscito nel 2016, che ha tutta la forza di un nuovo classico. Un grande giorno di niente, edito da Topipittori, ha come voce narrante un bambino annoiato, che però non è solo annoiato. È un bambino, in vacanza con la mamma (che però deve lavorare al computer) in campagna, che deve fare i conti con un malessere dalle radici profonde – il papà che non c’è, e probabilmente non c’è più.
Piove, e il nostro giovane protagonista occhialuto si attacca ad un videogioco, chiuso in casa mentre la madre scrive. La mamma gli toglie il gioco, lui lo recupera di nascosto ed esce con la sua giacchetta arancione sotto la pioggia, come un cappuccetto rosso versione fluo.

Il mondo esterno gli appare desolante, vuoto, un abisso di noia e tristezza. Ma quando il suo giochino, per sbaglio, cade in un ruscello, quello stesso ambiente inizia a rivelarsi ai suoi occhi come un pianeta inesplorato.
Come se un velo invisibile fosse caduto, lo spazio intorno al bambino inizia a prendere forma. Colori, odori, forme, suoni del bosco dopo la pioggia diventano percettibili, lo stimolano, aprono in lui percorsi di pensieri e ricordi.

E un pomeriggio iniziato all’insegna della noia e della malinconia si trasforma in un pomeriggio di scoperte sensoriali, di giochi improvvisati, di osservazione. La natura silenziosamente accoglie questo bambino e anche la sua sofferenza, lo coccola, gli restituisce un respiro profondo e una ventata di entusiasmo. In un momento quasi mistico, il nostro protagonista si avvicina alla terra e intuisce, come in una rivelazione, un brulicare di vita sotterraneo, un intrecciarsi di forme di vita interconnesse.
Un abbraccio, quello del bosco, che gli darà quel pizzico di energia e speranza necessario per fare i prossimi passi in avanti, per superare il momento grigio nel quale si trova.

In inglese c’è un’espressione, grounded, che significa varie cose tra cui “radicato, piantato in terra”. Credo che possa rendere l’idea dell’ondata di benessere percepita dal nostro protagonista bambino nella sua immersione mimetica nella natura: un senso di connessione, difficile da esprimere a parole, con tutte le cose, che lo fa sentire anche più legato alle persone che ama, anche quelle che non sono più con lui. Forse il suo papà lo avrebbe portato a scoprire le meraviglie del bosco. Forse scoprirle lo fa sentire intimamente vicino a lui, nonostante la distanza enorme, altrimenti insuperabile e insopportabile, che li separa.
Alemagna, B.(2016). Un grande giorno di niente. Topipittori
Murakami, S.(2022). Il Kappa della pioggia. Kira Kira edizioni