Sono tre. Sono bambine in posizioni marginali che rivendicano o scoprono un loro potere.
Sono tre reinterpretazioni contemporanee della Piccola fiammiferaia di Andersen, tre narrazioni molto, molto calzanti per il tempo che stiamo vivendo. Della novella dalla quale prendono spunto condividono il carattere di denuncia sociale, ma non il finale. Se la piccola protagonista di Andersen muore tragicamente la notte di capodanno, uccisa da una società cieca e indifferente, qui, invece, siamo di fronte a tre bambine che trovano un loro riscatto. Ma non solo.
Di due, già celebri, vi avevo già raccontato in una carrellata di Natale di anni fa, mentre la terza l’ho conosciuta da pochissimo (grazie alla rubrica video di Teste Fiorite).
Allumette
di Tomi Ungerer è un albo pubblicato per la prima volta nel 1974. in foto vedete un’edizione tascabile Mondadori, ma qualche anno fa Camelozampa lo ha ristampato in grande formato.
Le prime pagine richiamano quelle della novella di Andersen: una bambina vestita di stracci, affamata, che dorme tra i rottami e si aggira vendendo fiammiferi in una città gelida, dove tutti gli adulti la ignorano, la scansano e la maltrattano, alla faccia della protezione dei diritti dell’infanzia.
Quella incarnata da Allumette è un’infanzia che i cittadini perbene non desiderano vedere, marginale, maleodorante, che si preferirebbe tenere nascosta. Forte il contrasto con l’atmosfera natalizia, tutta lucine e abbondanza e consumo sfrenato. È la notte di Natale, e proprio quando la bambina sta per abbandonarsi ad un sonno fatale, dopo aver espresso un ultimo desiderio, allo scoccare della mezzanotte succede l’inimmaginabile.


Dal cielo nero cominciano a piovere una grande torta di compleanno, e poi salsicce, prosciutti, tacchini arrosto, giocattoli, e poi ancora letti, mobili, un camino e tante altre cose. Tutto quello che la bambina aveva desiderato: necessità materiali che la maggior parte di noi dà per scontato di poter soddisfare. La mattina, la città si risveglia con uno strato di 11 metri di cibo e cose.
Con l’aiuto di un postino che inizia a spargere la voce e di un panettiere pentito di averla scacciata via dalla sua vetrina la sera prima, Allumette comincia a distribuire cibo e altri beni alla popolazione più povera e in difficoltà, che inizia una processione, emergendo dai margini dove di solito si nascondeva. Tutto questo scuote e dà una svegliata alla città, scatenando una maratona di doni e solidarietà. Allumette, a differenza della piccola fiammiferaia di Andersen, non solo si salva. Non si salva da sola. E diventa grande gestendo una grande organizzazione che porterà aiuti in tutto il mondo.


Arriva, invece, nel 1985 un’altra, epica, piccola fiammiferaia. La sua è una storia che si può considerare un classico, popolarissima nella mia generazione di lettrici e lettori. Parliamo de
L’incredibile storia di Lavinia
di Bianca Pitzorno – mio mito vivente. Anche Lavinia rivisita, in chiave sovversiva e anticonformista, la fiaba di Andersen. Sola al mondo in una Milano gelida, la piccola fiammiferaia sta per morire di freddo e di stenti, quando arriva, in taxi, una fata a regalarle un anello dai poteri magici.
L’anello può trasformare tutto in cacca e dà inizio alla rivincita di Lavinia, che ora ha uno strumento attraverso il quale ottenere tutto quello di cui ha bisogno e rivalersi sui prepotenti, lei che fino a poco prima era totalmente vulnerabile e disarmata. Un potere che dovrà imparare anche a gestire, senza abusarne.
Particolarmente interessante la soluzione trovata da Pitzorno per Lavinia: la piccola e determinata protagonista manterrà la propria indipendenza, andando a vivere in pianta stabile in un Grand Hotel (un po’ come Eloise di Kay Thompson), però si creerà una sua famiglia di elezione, trovando degli amici.
Bianca Pitzorno, come Balzac, ama far viaggiare i suoi personaggi da un libro all’altro e questo è anche il caso di Lavinia, che potremo ritrovare ne La bambola dell’alchimista e Una scuola per Lavinia. Il volume Magie di Lavinia &C. (Mondadori) raccoglie questi tre titoli insieme a La bambola viva, che si può considerare a sua volta uno spin-off de La bambola dell’alchimista.
Un grande classico contemporaneo da leggere e rileggere, che mette a nudo alcuni tratti ipocriti e crudeli della nostra società contemporanea e del suo rapporto complesso e non del tutto limpido con l’infanzia e con le persone più vulnerabili, nonché con il denaro e la povertà.
Nelle foto, alcune delle illustrazioni di Emanuela Bussolati nell’edizione tascabile Einaudi.


Il terzo titolo a cui vi accenno è arrivato,invece, da pochissimo sui nostri scaffali, nel catalogo di Giralangolo EDT. Si tratta de
La piccola fiammiferaia brilla ancora
ed è scritto da Emma Carroll, con le illustrazioni di Lauren Child. Qui siamo a Londra, alla fine del 1887 e ad accompagnarci è la voce vivace della piccola fiammiferaia in questione. Bridie Sweeney ha 13 anni e non è sola al mondo. Vive con una mamma affettuosa e un fratellino. Conosce, però, come tanti bambini e bambine dell’Inghilterra vittoriana, sfondo di questa narrazione, la fatica, il freddo e la fame. Bridie vende i fiammiferi prodotti dalla fabbrica dove la madre lavora e dove sta, neanche troppo lentamente, ammalandosi a causa del contatto con sostanze tossiche. Si tratta della fabbrica Bryant and May, realmente esistita.
Carroll intreccia realtà storica e finzione narrativa introducendo a chi legge, attraverso lo sguardo di Bridie, la quotidianità di una ragazzina molto matura per i suoi anni, abituata a cavarsela in un contesto duro e ostile. Una vita piena di privazioni, che però non ha ancora spento la sua fiamma, il suo desiderio di una vita migliore ma anche la sua capacità di provare tenerezza.
I fiammiferi che Bridie vende diventano metafora esplicita della luce, ma anche della fiamma del cambiamento che divampa attraverso le lotte sociali. In un intreccio che sembra omaggiare anche il Canto di Natale di Dickens, Bridie riceve tre visioni.

Sono tre visioni che la aiutano ad unire i puntini, per così dire, e a mettere in prospettiva ciò che sta accadendo alla sua famiglia, in un’ottica di rivendicazione collettiva. Quando la madre di Bridie, già ammalata a causa del fosforo, viene licenziata su due piedi, si accende una scintilla destinata a divampare. Le operaie entrano in sciopero, uno sciopero molto coraggioso, per chiedere condizioni di lavoro più umane e per spingere la proprietà a cambiare metodo di produzione, passando ad una materia prima non nociva.

Questa non è una fiaba, è un romanzo. E quindi lo sciopero non risolve magicamente tutti i gravi problemi delle operaie. Ma segna l’inizio di un lungo processo di contrattazione, e di una presa di coscienza che, progressivamente, dopo anni di battaglie, porteranno i loro frutti.
In questi anni di lotte anche Bridie crescerà, e potrà costruire una vita migliore per sé e la sua famiglia. Una riscrittura accattivante, che non scivola nel didascalismo.
Qual è la vostra piccola fiammiferaia preferita?