Sua Altezza Poltiglia, Principessa di Fango

Qualche mese fa è uscito un nuovo albo scritto ed illustrato da Beatrice Alemagna e, tanto per cambiare, è uno di quei libri-portale nei quali è magnifico entrare e perdersi.

Sua Altezza Poltiglia, Principessa di Fango, edito da Topipittori, è un’opera alla quale l’autrice ha lavorato a lungo e nella quale risuonano echi di classici imponenti – da Alice, con il suo salto vertiginoso nella tana del coniglio a Dante, con la sua discesa agli inferi – ma anche di suoi lavori precedenti, come Un grande giorno di niente.

Alemagna sceglie una città giapponese come ambientazione per questa nuova narrazione, che ha per protagonista una ragazzina, Yuki, che parla in prima persona. Di ritorno da scuola in un freddo pomeriggio  Yuki, arrabbiata con il fratello maggiore Sen, per stizza butta in un tombino le chiavi di casa. Pochi secondi dopo, cosciente di aver combinato un guaio, si cala nel tombino per ritrovare chiavi e attraversa, così, un portale magico che la porterà nel regno di Fango.

Yuki si autodefinisce cattiva,spesso arrabbiata: definizioni sentite dai grandi che ha fatto sue. Dentro di lei aleggia un’insicurezza che la porta a far lievitare dentro sé la rabbia verso il fratello adolescente, che le parla poco e che lei immagina distante, escludente nei suoi confronti.

Ad accogliere la nostra protagonista è una creatura mostruosa, un blob fatto di fango e foglie secche: è la Principessa Poltiglia, riflesso diretto delle emozioni negative di Yuki, che la accompagna a scoprire il suo regno, un po’ oscuro ma affascinante.

Yuki esplora, così, questo mondo sotterraneo insieme a Poltiglia. Conosce i Caccoli, buffi, piccoli, puzzolenti e dispettosi, specializzati nell’instillare sensi di colpa. Viaggia su una carrozza trainata da coniglietti acquatici. Scopre una giungla nera, una grotta nella quale trovano rifugio tutti gli oggetti scagliati dalla gente quando è arrabbiata.

E ancora, un lago dove nascondersi e una Rabbioteca dove si può assaggiare la rabbia in tutte le forme, che ricorda un po’ gli scaffali sui quali il Grande Gigante Gentile di Dahl conservava i sogni in barattolo.

Poltiglia cresce ogni volta che Yuki “è cattiva”- ossia, probabilmente, si alimenta della sua stessa rabbia ed energia negativa. È, però, una creatura amichevole, gentile. E in cerca di compagnia, tanto che non vorrebbe che Yuki andasse via.

Quello delle emozioni, nei libri per l’infanzia, è un terreno scivoloso. Sul mercato, di pubblicazioni a tema ce ne sono una caterva, e molte rimangono ad un livello molto superficiale, piatto, privo di qualità narrativa e letteraria. Cavalcano l’onda di una moda e spesso hanno dietro, più o meno esplicita, la missione di “risolvere un problema”, aiutando i bambini a gestire e contenere le emozioni difficili, come la rabbia. Le intenzioni – didattiche, pedagogiche – alla base certo non sono malvagie. Riconoscere e affrontare le emozioni anziché ignorarle e reprimerle è importantissimo, solo che la banalizzazione, l’ipersemplificazione sono dietro l’angolo.

Ma qui parliamo di Beatrice Alemagna.ei non scivola in questo terreno. Lei scava nel profondo e poi vola.

Lei non scivola in questo terreno. Lei scava nel profondo e poi vola.

Il viaggio nel quale seguiamo Yuki la porta a scendere sotto la superficie, a calarsi letteralmente nell’abisso delle sue emozioni ‘negative’. Il mondo nel quale la seguiamo è sporco, terroso, appiccicoso, maleodorante. Oscuro, ma con zone più luminose e forme di vita sorprendenti. Qui Yuki guarda in faccia la sua rabbia, che è ricca di sfaccettature, dai sensi di colpa, all’irrequietezza, al senso di esclusione e di solitudine.

Il senso, la direzione del suo percorso è quello di arrivare ad abbracciare questa parte sostanziale di sé, ad accettare nel profondo la complessità di ciò che prova e che sta vivendo. Per questo, la sua rabbia e tutto ciò che questa si porta dietro la deve esplorare, deve necessariamente starci dentro con tutti i sensi, esserne circondata per poter trovare una catarsi – e non fuggirne o chiuderla in una scatola. Solo così potrà rimettere insieme tutti i suoi pezzi, sentirsi intera e completa. In questo viaggio non è sempre sola, e qui troviamo un altro nodo narrativo che dovrà trovare il suo scioglimento.

Alemagna riesce a trasmettere tutto questo senza didascalismi, in una narrazione potente e tenera, intima ed umoristica, toccante e deliziosa. Crea per Yuki un universo surreale e al contempo familiare, nel quale molte e molti di noi potranno riuscire a riflettersi.

La protagonista del libro è una bambina al confine con la preadolescenza, ma come lei, tanti di noi adulti fanno ancora una gran fatica a convivere con le proprie emozioni più forti. Abbiamo imparato a moderare le nostre reazioni, ma quante volte la rabbia, lo stesso, ci scuote e ci lascia stravolti internamente? Spesso affiancata dal senso di colpa – specie se siamo donne, cresciute a pane e stereotipi di genere che ci vorrebbero sempre accondiscendenti e controllate.

Dentro tante e tanti di noi c’è, probabilmente, una piccola Yuki che si è sentita chiamare ‘cattiva’, o comunque se lo dice da sola, quando la rabbia l’attraversa. La rabbia, culturalmente, la vorremmo scacciare, vorremmo liberarcene, mica fermarci al suo interno, sporcandoci di fango. Eppure, la strada che ci fa intravedere Yuki probabilmente è proprio quella necessaria per coltivare un’accettazione radicale di sé.

Quasi superfluo dirlo, ma la componente visiva di questo libro sarebbe già, di per sé, un ottimo motivo per fermarsi a lungo tra le sue pagine. Parliamo di Beatrice Alemagna, dopo tutto.

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