Il senso che ha

È stato un luglio lunghissimo ma incredibilmente mite, tipo che le mattine e le sere a Torino sono state piacevoli, il che è una cosa pazzesca. E a me sembra di vivere tra lo stato di grazia, sia pure attenuato da saltuari frullati nervosi, e uno stato di dissociazione.

Mi sembra troppa meraviglia, troppa ricchezza, troppo tutto vivere con queste creature che mi ronfano, disegnano, saltellano, paperottano, rumoreggiano accanto, con i loro piedini paffuti, le loro guanciotte, le loro risatine e i loro pianti di bimbi al sicuro e imperfettamente amati, con una varietà favolosa di cibi sempre a portata di mano, nella nostra casetta che è proprio a forma di noi.


Troppo sapendo tutto quello che succede altrove. Ogni giorno scorro, sentendomi impotente, le notizie su Gaza, vedo foto agghiaccianti di bimbi uguali ai miei, ma nati altrove, ridotti a scheletri, abbandonati da un sistema di potere mondiale che si è arreso tacitamente di fronte al male più assoluto e all’orrore senza remore. Sono i bambini di qualcuno che li ama nella disperazione totale, in mezzo alla distruzione e disumanizzazione totale e accuratamente pianificata da Israele, nell’inerzia di tutti i suoi complici. E con loro persone di ogni età macellate, annientate in questo genocidio.

So di non essere l’unica a chiedersi, da tempo, che senso abbia continuare a vivere le nostre routine, a occuparci di ciò di cui ci occupiamo mentre il mondo si trova sul bilico di un precipizio come questo, sul piano ambientale, ma soprattutto politico, sociale, umano.

Mi sento inutile e vorrei fare decisamente di più rispetto al poco che sto facendo.

Credo ancora che propagare, sia pure in un raggio piccolissimo, bellezza (non la mia), fantasia, idee, valori abbia senso, ma mi sembra sempre più una gocciolina nell’oceano, mentre una mega macchia di catrame avanza. È quello che vorrei continuare a fare a oltranza, fino a qualunque apocalisse ci attenda. Però vorrei fare anche qualcos’altro.

E niente, per adesso sono qui, in questa estate carica di inquietudini e di metamorfosi come quella dei miei 19 anni. To be continued, forse.

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