Per stare al caldo vorrei…

Un po’ surreale, forse, tirare fuori questo titolo proprio nell’esatto momento in cui, qui dove vivo,un anomalo e piacevolissimo giugno freschetto ha ceduto il passo ad un consueto luglio infernale (ho già detto quanto depreco l’estate?). Ma il caldo di questo piccolo, prezioso volumetto curato da Neil Gaiman non è tanto atmosferico, è più un luogo dell’anima.

È un’opera collettiva che ha alle sue radici una mobilitazione creativa di grandi dimensioni. Nel 2019 Gaiman, ambasciatore per l’UNHCR, nel mezzo di una enorme emergenza rifugiati legata alla guerra in Siria, invita i suoi follower su Twitter a condividere un ricordo, una sensazione, un’idea di che cosa sia per loro il calore. What do you need to be warm? Di che cosa hai bisogno per sentirti al caldo?

Risponderanno migliaia di persone. Dalle loro risposte Gaiman tesserà la trama di una poesia sommessa e toccante, che poi diventerà, nel 2020, un cortometraggio per raccogliere fondi e che poi, ancora, nel 2023, diventerà questo libro.

Un lavoro composito, nel quale Gaiman ha fuso più voci, mentre le penne di 13 artisti e artiste hanno trasformato quelle voci in immagini, armonizzate da una palette dalle tonalità nere, grigie e arancioni.

Difficile incasellare la narrazione che si dipana in queste pagine, come una coperta patchwork che cerca di racchiudere e unire tante diverse suggestioni e visioni. È una raccolta vibrante di sensazioni vivide che si fanno immagini e parole.

Dal bollitore sul fuoco, al bimbo che preme il naso sulla finestra guardando fuori,al risveglio sotto le coperte in una casa avita accompagnato dal tintinnio di un termosifone di ghisa, Gaiman raccoglie e lega come in una collana una sequenza di immagini che parlano di conforto, di luoghi del cuore, della tenerezza di accoccolarsi vicini al sicuro, della gioia di ripararsi dalle intemperie, trovare rifugio e tirare un sospiro di sollievo.

Poi il discorso si sposta sul percorso periglioso che affronta chi deve lasciare la propria casa in circostanze tragiche, cercando a lungo un nuovo luogo da chiamare casa. E nel frattempo soffre il freddo in un campo profughi, si sposta affrontando acque profonde e gelide.

E qui il messaggio dell’autore si fa esplicito, la voce narrante si rivolge a viaggiatori e viaggiatrici che questo senso di casa, di sicurezza lo devono ancora trovare, e dice loro “tu hai il diritto di stare qui”.

E quel senso di calore evocato nelle prime tavole con toni nostalgici assume una dimensione politica, nel senso della polis: qui siamo oltre una ricerca individuale della hygge

Nelle guerre di oggi le persone sfollate devono fare i conti a volte con il freddo, altre, all’opposto, con la siccità e altri eventi climatici estremi. Questo calore che desideriamo, che tutti cerchiamo, si fa simbolo, più in generale, della sensazione di sentirsi accolti e protetti.

Qui si dice – in un mondo che ogni giorno ci stordisce con mille sfumature di crudeltà e orrore – che gli esseri umani hanno il diritto di cercare e trovare un rifugio, e che in quanto umani siamo capaci di diventare rifugio. Che i nostri destini sono legati, che siamo tutti abitanti della stessa terra e abbiamo un gran bisogno di vivere e agire come se ne fossimo profondamente consapevoli.

Ad arricchire questo piccolo libro potente, un’appendice nella quale artisti e artiste raccontano un pezzetto del loro personale background e di come hanno affrontato il compito di contribuire a quest’opera collettiva.

Gaiman, N.,a cura di (2024). Per stare al caldo vorrei... Una poesia di benvenuto. Mondadori

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