Quando tornerà Hadda?

Un albo investito di una luce quasi abbagliante, mediterranea. Una raccolta di istantanee che fermano nel tempo una casa silenziosa ma ancora calda di vita, la casa di una persona, molto probabilmente con una lunga strada alle spalle, che da poco ha attraversato il velo sottile che separa chi rimane sulla terra da chi è passato oltre.

Ci sono ancora i pesci comprati al mercato sul tavolo della cucina, la borsetta sulla sedia nell’ingresso, la sporta ancora piena della spesa da sistemare e la lista scritta su un foglietto appesa al calendario, i panni stesi sul balcone. Un allegro disordine in bagno, gli oggetti di tutti i giorni a dare la sensazione che la persona che vive in quella casa si sia solo allontanata per un attimo.

E c’è una domanda che si ripete identica molte volte, intensa, evidenziata dal bianco che la circonda sulla pagina.

Quando tornerà Hadda?

Una domanda che ci fa immaginare, dapprima, una voce piccola, quella di un bambino i cui giocattoli, disegni, giornalini e altri oggetti punteggiano ancora le stanze della casa. Una casa, è facile intuirlo, frequentata e vissuta da un nipotino insieme a una nonna molto amata.

Un’altra voce, sollecita e dolce, risponde ogni volta, come se chi la cerca potesse sentire. Sono parole di consolazione, che tentano di rassicurare su una connessione, un legame che va oltre la morte. Sono qui, tesoro mio, hai addosso la mia luce. Ma sono qui, bambino mio, vai, hai la mia fiducia.

Le immagini si susseguono e la voce che ripete la domanda cambia. Non sappiamo se cambia nel tempo – lo stesso bambino che, anni dopo, rivisita i suoi ricordi e ancora viene attraversato dalla nostalgia – o se sono voci diverse ad alternarsi. Forse sì, ci suggerisce la voce che si rivolge ad un figlio, quindi probabilmente un adulto. O magari è lo stesso bambino, cresciuto.

Le stanze palpitano di vita condivisa, di presenza, e al contempo evidenziano dolorosamente un’assenza.

La voce di Hadda inizia a sottolineare quello che rimane, l’eredità affettiva, le storie e la storia condivisa che ora continueranno a vivere attraverso il suo giovane interlocutore. Quello che lui (o lei, se immaginiamo voci diverse) porterà con sé e farà suo.

Ascolta, porti con te le nostre risate.

Vedi, hai la mia dolcezza.

Guarda, hai la mia forza e la mia bellezza.

Vai, hai la mia dignità.

Fino a che Hadda invita chi la cerca a spiccare il volo, senza paura, perché ha le sue ali.

Anne Herbauts ci regala un libro vibrante che riesce ad essere al contempo quasi pudico e profondamente emozionante nel suo dare spazio al lutto e insieme celebrare un legame che resisterà in forma cangiante al tempo e anche alla morte.

Chiunque abbia avuto la fortuna di avere una Hadda, o addirittura due, nella propria vita potrà ritrovarne un pezzetto in queste stanze e lasciarsi accarezzare da un raggio del sole che riverbera in queste pagine.

Non so a voi, ma a me è tornata in mente questa poesia che alcuni attribuiscono al teologo Henry Scott Holland ed altri a Sant’Agostino.

La morte non è niente,
io sono solo andato nella stanza accanto.
Io sono io.
Voi siete voi.
Ciò che ero per voi lo sono sempre.
Parlatemi come mi avete sempre parlato.
Non usate un tono diverso.
Non abbiate l’aria solenne o triste.
Continuate a ridere di ciò che ci faceva ridere insieme.
Sorridete, pensate a me, pregate per me.
Che il mio nome sia pronunciato in casa come lo è sempre stato.
Senza alcuna enfasi, senza alcuna ombra di tristezza.
La vita ha il significato di sempre.
Il filo non è spezzato.
Perchè dovrei essere fuori dai vostri pensieri ?
Semplicemente perchè sono fuori dalla vostra vita ?
Io non sono lontano, sono solo dall’altro lato del cammino.

Herbauts,A. (2023). Quando tornerà Hadda? Clichy edizioni. Traduzione di Maria Pia Secciani

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