Difficile trovare parole per dire la meraviglia di questo tempo lento, morbido, privilegiato, strappato alla vita ‘normale da adulti’ per stare con te, a fare tutto o anche niente, a scoprirti, ad averti addosso.
Difficile, ma un po’ le parole le trovo anche in questo librino prezioso che ci hanno regalato delle care amiche per la tua nascita.
Amavo già la poesia di Bruno Tognolini, ma di questa che è la sua prima opera, scritta quando sua figlia era piccola, mi colpisce lo sguardo profondo, acuto sull’esperienza del prendersi cura di un bimbo o una bimba da poco al mondo. Uno sguardo che non è necessariamente esclusivo di chi vive la travolgente, tellurica direi, esperienza di covare e dare alla luce un piccolo essere umano. Perché anche aspettare fuori dalla pancia può essere parecchio travolgente.
Sono diventata madre quattro anni fa, anzi, direi cinque, dal giorno di quel test di gravidanza, spartiacque che ha iniziato a segnare questa metamorfosi. La nostra prima bimba, tua sorella, non l’ho partorita io, il nostro secondo bimbo – tu – sì.
Nelle parole di questo libro sento risuonare, e mi sorprende ma non troppo, sensazioni ed emozioni fortissime, viscerali che ho vissuto prima come mamma sociale, ora, con sfumature diverse, anche come mamma di pancia e di tetta. E mi piace anche realizzare che sono parole sentite e pensate da un papà, alla faccia di tanta retorica e tanto manicheismo di ritorno di questo tempo che stiamo attraversando.
“Mammalingua” di Bruno Tognolini , illustrato da Pia Valentinis, Editrice Il Castoro. Un abbecedario della matrescenza che si apre a letture plurali.
P.s. interessante la riflessione di Tognolini nella postfazione: si scusa con le lettrici bambine di oggi per aver lasciato la lingua espressa al maschile, come nell’originale. Apprezzo la consapevolezza, e mi chiedo: come si potrebbe intervenire in quest’ottica, a posteriori, su un testo scritto tempo fa? A mio vedere, alternare “bimbo” e “bimba” non escluderebbe i piccoli destinatari maschi così come, nelle intenzioni dell’epoca, il “bimbo”maschile universale non voleva escludere le minuscole lettrici.




